mercoledì 2 dicembre 2015

Corriere 2.12.15
La spinta dem per Giachetti candidato Le alternative Con un no dell’ex radicale per Roma si fanno anche i nomi di Franceschini e Gentiloni Anzaldi Se Renzi decide che tocca a lui, Roberto a quel punto non potrà sottrarsi
Il pressing sul vicepresidente della Camera, che è cauto (e chiede garanzie): io ho sempre corso per vincere
di M. Gu.


ROMA «Come ne esco? Semplice... Non entrandoci affatto». Nel bel mezzo del Transatlantico di Montecitorio, Roberto Giachetti allarga le braccia e dispensa battute. Scherzoso come sempre, l’ex radicale vicepresidente della Camera sembra meno rilassato del solito. Assediato dai giornalisti, anche lui comincia a temere che il segretario del Pd stia facendo sul serio e che lo abbia davvero prescelto come candidato sindaco di Roma.
«Se Renzi decide che tocca a lui, Roberto non potrà sottrarsi» ripetono i colleghi. Ma Giachetti spera in cuor suo che il segretario del Pd ci ripensi e si mostra altrettanto determinato a non scendere in campo: «Sono quarant’anni che faccio politica e a 58 voglio andare in pensione». Ne ha solo 54... «Appunto. Finisco la legislatura e apro un B&B». Dal Campidoglio si gode una vista magnifica sui Fori, davvero ci vuol rinunciare? «Quando lavoravo con Rutelli (capo della Segreteria del sindaco e poi capo di Gabinetto, ndr ) dalla mia stanza avevo una vista più bella della sua. Ma se vogliono un rutelliano, meglio l’originale».
Di battuta in battuta, Giachetti scopre il nervo che fa gemere i «dem». Stando ai sondaggi, il Pd è nove punti sotto al M5S e tra i «big» del partito è scattato il fuggi fuggi. Comprensibile allora che Giachetti non abbia tutta questa voglia di immolarsi e chieda garanzie al partito. «In vita mia — confida — non ho mai partecipato a una gara per perdere».
La campagna di Roma è «estremamente rischiosa» suggerisce Michele Anzaldi ed è naturale che Giachetti non ambisca a rompersi l’osso del collo: «Chi glielo fa fare? Sarà vicepresidente della Camera ancora per due anni e mezzo, conosce le riforme come pochi altri... Roberto si candida se il Pd glielo chiede in ginocchio e fa un grande investimento su di lui». Per Walter Verini la strada è un’altra e l’ha indicata Rutelli: «Più che pensare sin da ora ai candidati, il Pd raccolga le energie attorno a un progetto. Il nome giusto nascerà da lì». Il problema, sospetta Lorenza Bonaccorsi, è che una parte del Pd «spera di perdere alle amministrative per dare una botta a Renzi».
Il premier ha fiutato il pericolo e studia le contromosse. Mettere in sicurezza Torino e Bologna con Fassino e Merola. Indire le primarie a Milano, sperando che i gazebo incoronino Giuseppe Sala. Schierare a Napoli un renziano capace, se non di vincere, almeno di contrastare Bassolino. E infine, puntare su Roma lanciando un «pezzo grosso» del Pd. Se Giachetti dovesse tirarsi fuori, i nomi che si fanno al Nazareno sono quelli di Dario Franceschini, Paolo Gentiloni e Andrea Riccardi. E poi c’è l’asso nella manica: Maria Elena Boschi. Renzi non vorrebbe rinunciare a un pilastro del governo, eppure, se il M5S dovesse trovare il nome giusto, la responsabile delle Riforme potrebbe rivelarsi la sola risorsa in grado di «salvare» il Pd.
È sempre lei, la Boschi, che sta organizzando la Leopolda numero sei, sotto la regia di Simona Ercolani. Basta con i tavoli di lavoro e i parlamentari sul palco, la tre-giorni renziana «La terra degli uomini», dall’11 al 13 dicembre, sarà la Leopolda dei campioni: dal neoassunto grazie al Jobs act all’insegnante che ha ottenuto la cattedra con la Buona scuola. E poi, in un crescendo di notorietà, le star del tennis Flavia Pennetta e Roberta Vinci, l’astronauta Samantha Cristoforetti e, forse, anche Federica Pellegrini, oro olimpico di nuoto.