Corriere 2.12.15
L’economia congela le scelte sulle elezioni
Renzi corregge al rialzo le previsioni sul Pil e rinvia a marzo qualunque scelta sulle candidature nelle città per il voto amministrativo
di Massimo Franco
Il contrasto, se mai c’è stato, da ieri sembra gioco delle parti. Con il premier Matteo Renzi che tiene una linea prudente sulla ripresa, attestandosi su uno 0,8 per cento per il 2015. E il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, fino a due giorni fa messaggero di previsioni in grigio, che gli suggerisce di trincerarsi sullo 0,9, convinto di riuscire a tagliare quel traguardo. Si tratta di un gioco in acque basse, comunque. Risente delle incertezze provocate dalle stragi dell’Isis, e forse di qualche eccesso di ottimismo smentito dalla crisi europea. Un governo che cerca sempre di sfuggire alla trappola dello «zero virgola», ci si aggrappa.
Con abilità e disinvoltura, ma è costretto a farlo. «Che si chiuda a 0,8, 0,9 o 1 per cento, i dati sono ancora in movimento, migliori rispetto alle previsioni di inizio anno», ha detto Renzi. Prima si parlava infatti di 0,7 di crescita. Ma nessuno è in grado di affermare se la tendenza finale sarà al rialzo o al ribasso, perché i fattori esterni saranno decisivi. Il premier fa notare che «la disoccupazione è calata dell’1,5 per cento; quella giovanile del 6. E i posti di lavoro sono 300 mila in più. Voglio che l’Italia vada meglio della Germania».
Purtroppo, però, l’Istat conferma la frenata della crescita. E l’elemento prevalente è una cautela che finisce per allungare un alone di scetticismo su alcune misure del governo. Le incognite internazionali condizionano tutto; e diventano una ragione, o un pretesto, per rinviare le scelte: in particolare quelle politiche ed elettorali, sulle quali Renzi deve affrontare la solita faida dentro il Pd. Il voto amministrativo di primavera si profila difficile. Le candidature a sindaco in città come Milano, Roma e Napoli diventano strategiche; ma la strategia di Palazzo Chigi non prende ancora forma. Anche per questo si prende tempo.
Ma il premier ha qualche ragione da opporre a chi gli chiede di fare presto. «Nessuna persona normale pensa che la priorità sia una discussione sulle amministrative adesso», si difende. «Con i grandi scenari che ci sono, la necessità di rilanciare l’economia, l’Italia che riparte...». Il motivo, però, è anche la difficoltà di trovare accordi n attesa delle primarie del Pd a marzo. Renzi sostiene che «al momento» non esistono candidati. Forse perché ce ne sono troppi, e nessuno che appaia vincente. L’unica ammissione è stata di definire «non in partita» Alfio Marchini come sindaco a Roma.
Un giudizio accolto dall’imprenditore con irritazione, perché nel momento più acuto della crisi tra il Pd e il «suo» sindaco Ignazio Marino, era stato lui a fornire al Pd i voti che gli mancavano. E Marchini glielo ricorda, piccato. Le trenta votazioni a vuoto per eleggere i giudici costituzionali sono un altro pezzo dello scontro nel Pd. Con simili premesse, per i Democratici le primarie potrebbero non bastare a placare una conflittualità interna più forte di qualunque richiamo all’unità.