Corriere 20.12.15
Veronesi: sì all’utero in affitto
L’oncologo spiega i motivi della presa di posizione della sua Fondazione: «Non bisogna scandalizzarsi ma pensare al futuro: l’infertilità è in aumento»
di Margherita De Bac
ROMA È un sì senza riserve alla maternità surrogata quello espresso dal comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi in un parere scritto dalla coordinatrice di questo pensatoio indipendente, la bioeticista Cinzia Caporale: «È moralmente accettabile».
Il testo è stato approvato all’unanimità, due gli astenuti. È destinato a far discutere e a innestarsi con clamore nell’infuocato dibattito italiano. «Bisogna guardare al futuro e anticipare i tempi. L’infertilità maschile e femminile è in aumento e non si può escludere a priori una soluzione che nei prossimi anni sarà una necessità», sostiene con forza l’oncologo, citando casi di madri surrogate di cui racconta la Bibbia, ad esempio la schiava di Abramo da cui nacque Israele: «I cristiani dunque non devono scandalizzarsi». Certo, all’epoca la fecondazione artificiale non esisteva.
Veronesi ha contribuito alla elaborazione del documento assieme agli esperti esterni Carlo Flamigni (ginecologo, università di Bologna) ed Elena Mancini (Cnr). È il primo parere di orientamento «che struttura il tema in modo razionale e analizza gli argomenti per cui non dovrebbero esserci proibizioni», spiega la Caporale. Innanzitutto si fa chiarezza sulla definizione. Per maternità surrogata si intende quella di una donna che volontariamente e liberamente ospita nel proprio utero un embrione prodotto con tecniche di fecondazione in vitro e che si è impegnata a consegnare il neonato.
Nelle conclusioni il Comitato dichiara che la donazione di utero «per solidarietà va sempre ammessa, subordinandola unicamente all’accertamento dei legami affettivi o sociali tra gestante e i genitori committenti nonché all’accertamento dell’idoneità della coppia richiedente alla genitorialità e della madre surrogata a ricoprire tale ruolo dal punto di vista psicofisico».
Giudicate favorevolmente le forme di compenso, a patto che «non si configurino come pagamento per la prestazione ma come semplice rimborso delle spese mediche dirette e indirette», intendendo per queste ultime la perdita di reddito cui va incontro la gestante nei mesi prima durante e dopo la gravidanza.
La Fondazione inoltre reputa urgenti regole specifiche sulla gestazione per altri, ora vietata dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita in vigore dal 2004, più volte modificata in seguito a sentenze della Consulta e dei Tribunali. E aggiunge: «Al fine di scongiurare rischi di potenziale sfruttamento delle donne andrebbe comunque ammessa solo all’interno del territorio nazionale e qualora non si palesino evidenti condizioni di bisogno economico da parte della madre surrogata».
E il rischio che donare il grembo diventi una forma di mercificazione? Flamigni è aperto: «Il commercio deve essere evitato. Però una donna può essere costretta ad affittare una parte del suo corpo per necessità. Meglio della prostituzione. Insomma credo che la questione nel complesso debba essere valutata con atteggiamento laico e distaccato».
Veronesi equipara la donazione del grembo a quella di organi da trapianto e sangue e affronta l’aspetto più caldo legato all’attualità della discussione sulla legge per le unioni civili non trattato nel documento: «La maternità surrogata per le coppie gay? Perché no. L’omosessualità è una forma di accoppiamento da riconoscere e se riconosciuta non bisogna sorprendersi che due uomini abbiano desiderio di paternità».