lunedì 14 dicembre 2015

Corriere 14.12.15
Massimo Mucchetti, presidente dem della commissione Industria del Senato
«Se il padre desse delle risposte il ministro sarebbe più forte»
intervista di Dino Martirano


ROMA Massimo Mucchetti, presidente dem della commissione Industria del Senato, per amore di precisione divide in due, un «prima» e un «dopo», la parabola del salvataggio delle 4 banche che sta mettendo alla prova il governo anche a causa del padre del ministro Boschi, per anni consigliere e poi vicepresidente della Popolare dell’Etruria: «Le eventuali colpe dei padri non possono ricadere sui figli, e viceversa. Tuttavia la posizione del ministro sarebbe rafforzata se Pierluigi Boschi anticipasse qualche precisa risposta alle questioni che toccherà la commissione parlamentare d’inchiesta».
Anche lei si stupisce che le banche siano saltate?
«Proprio no. Erano marce. Mi ha colpito, invece, che non siano state ricapitalizzate attraverso il Fondo interbancario di garanzia dei depositi solo perché la Direzione Ue per la Concorrenza ha espresso un orientamento contrario. A suo dire il Fondo avrebbe natura pubblica, e dunque il suo intervento costituirebbe aiuto di Stato, perché istituito per legge e con un esponente della Banca d’Italia in consiglio. Un po’ poco ove si consideri che i quattrini del fondo li mettono le banche».
Si poteva osare di più?
«Sì. Avremmo dovuto tirare diritto, lasciar formalizzare l’orientamento e, ove fosse, impugnarlo. Il Lussemburgo si è difeso sul tax ruling e ha subito impugnato la procedura d’infrazione. E invece, meno coraggiosi del Granducato, abbiamo colpito, oltre agli azionisti com’era nell’ordine delle cose, anche gli obbligazionisti subordinati, che rappresenta la novità, discutibile, delle nuove regole di risoluzione».
Ma il Parlamento europeo le ha votate.
«Vero. Ma prima degli europarlamentari vengono gli esponenti del governo e della banca centrale che hanno partecipato ai negoziati e hanno concorso a preparare la norma. Toccava a loro dare il primo allarme».
Il premier ha proposto una commissione parlamentare d’inchiesta.
«Ben venga se si tratterà di una vera commissione bicamerale d’inchiesta, con gli stessi poteri della magistratura. Se ben guidata, grazie anche all’acquisizione della documentazione della Banca d’Italia, oggi secretata, la commissione potrà fare luce su questioni delicate. Per esempio, quali dirigenti e consiglieri hanno dato prestiti a soggetti loro collegati? Sono state osservate le procedure per operazioni tra parti correlate? I debitori raccomandati hanno rimborsato? Sono stati erogati fondi alla politica? Quali direttive sono state impartite dalla direzione agli sportelli per il collocamento delle obbligazioni subordinate? C’erano premi per chi ne piazzava di più? Come si è rapportato il consiglio con la direzione su queste materie sensibili? Che cosa si faceva in vista della riforma delle Popolari?».
Di solito le commissioni d’inchiesta le chiedono le opposizioni...
«In genere le esigono i Parlamenti. In questo caso, la mossa di Renzi dovrebbe dirci che il governo si sente al sicuro» .