Repubblica 14.12.15
La paura del premier: qualcuno vuole l’assalto giudiziario
Il timore di Palazzo Chigi riguarda soprattutto la prossima campagna elettorale per le amministrative di primavera
Gli uomini del presidente del consiglio iniziano a temere un avviso di garanzia al padre della Boschi sul caso Banca Etruria
di Goffredo De Marchis
FIRENZE Non sono le mozioni di sfiducia al ministro Boschi a turbare il governo. Anzi, «c’era da meravigliarsi che i 5stelle non l’avessero presentata prima», dicono a Palazzo Chigi sicuri dei voti che la maggioranza ha alla Camera. Non è la commissione d’inchiesta che può indebolire la posizione della titolare delle Riforme perché Matteo Renzi ha fatto capire ieri alla Leopolda come dovrebbero procedere i lavori di quell’organismo: una ricognizione a tutto campo sugli interventi nel campo creditizio fatti e soprattutto quelli mancati anche dei governi precedenti, come il Monti e il Letta, ovvero due esecutivi sostenuti dalla “Ditta” bersaniana e da Forza Italia. Quindi con una responsabilità più generalizzata dell’attuale coalizione. E la Lega ha sul groppone il crac del suo istituto di credito. No, il vero pericolo viene dai riflettori che la magistratura potrebbe tenere accesi sulla vicenda banche anche dopo le misure per salvare i risparmiatori.
Sui social e fra le righe di alcuni articoli, si è letto che il padre di Maria Elena Boschi, Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente della Banca Etruria, sarebbe indagato dalla magistratura. Non è così, non ci sono avvisi di garanzia. Si fa confusione con la multa comminatagli da Bankitalia per il periodo in cui era nel consiglio di amministrazione. Ma il racconto dettagliato e non a caso letto su un foglio fatto da Renzi durante il discorso di chiusura a Firenze, ha lasciato intendere che il timore è che un’inchiesta dei giudici possa colpire anche i vertici delle quattro banche che hanno emesso le obbligazioni azzerate. E quindi anche il signor Boschi. Per questo il premier ha fatto l’esempio di suo padre Tiziano, da 15 mesi sotto inchiesta a Genova, per due volte vicino all’archiviazione, per due volte ributtato dal Gip nella mischia dell’indagine. La sottolineatura di un periodo così lungo («il secondo Natale da indagato») è sembrato un messaggio rivolto al ministro dei Rapporti con il Parlamento: ci vuole pazienza, la verità e il tem- po vincono sempre, «bisogna avere fiducia nella magistratura», certo magari senza rimanere appesi per più di un anno. Il riferimento così esplicito a inevitabili conseguenze giudiziarie («come potrebbero non esserci? ») scritto nel post di Roberto Saviano è davvero l’unica preoccupazione del capo del governo.
Boschi padre può finire in un’inchiesta complessiva su tutti gli amministratori degli istituti coinvolti nel salva-banche? E’ la domanda che si fanno a Palazzo Chigi. Quali effetti avrebbe sul governo e sul Pd in vista delle amministrative, il lavoro della magistratura? Alla Leopolda, quando la sala si è svuotata e i giornalisti hanno lasciato la zona stampa, Renzi pranza con una ventina di fedelissimi alle spalle del palco. C’è la Boschi, ci sono Luca Lotti, Francesco Bonifazi, Ernesto Carbone, c’è il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan. Clima disteso, soddisfazione per l’esito della tre giorni malgrado l’appannamento legato alla vicenda banche. Eppure la tensione non si scioglie così facilmente. Per paradosso proprio alcuni del cerchio magico vengono da zone della Toscana in cui sono moltissimi i risparmiatori rimasti con un pugno di mosche. Come dire che il problema ce l’hanno in casa e hanno potuto misurare quale impatto sociale e quale impatto elettorale, di consenso, ha il sostanziale fallimento degli istituti di credito coinvolti. Un impatto moltiplicato dall’offensiva delle opposizioni e che è destinato a creare problemi. Ecco perché un avviso di garanzia avrebbe il potere di prolungare l’attenzione su una vicenda che il governo vuole chiudere il prima possibile.
In fondo anche la mozione di sfiducia viene usata da 5stelle e Forza Italia per trascinare il dibattito. Prima di Natale, il provvedimento verrebbe discusso alla Camera e la Boschi sarebbe costretta a intervenire per spiegare la sua posizione, senza le domande facili, come ha ammesso lei stessa, ricevute alla Leopolda. La commissione d’inchiesta invece servirà a prendere di petto il problema. Renzi la vuole “monocamerale” in modo da evitare lungaggini. E va istituita in tempi brevi. Provando anche con quello strumento a lanciare un contrattacco.