Corriere 14.12.15
Quei rapporti oscuri tra banche e politica
di Mario Monti
Caro direttore, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, in un’intervista sul caso della Banca Etruria sul Corriere della Sera di ieri e in forma più estesa su Facebook, sottolinea che è dovere del governo e della Banca d’Italia «dare ai cittadini molte risposte e chiarire ritardi, insufficienze e errori».
Il presidente Rossi anticipa già la sua risposta. Essa consiste in due affermazioni di principio, riferite l’una al ministro Maria Elena Boschi («l’idea che eventuali colpe dei padri ricadono sui figli è profondamente autoritaria e illiberale»), l’altra al presidente del Consiglio Matteo Renzi («Renzi non può essere considerato responsabile di tutto»), con le quali non si può che concordare, e in una valutazione specifica, che invece mi sorprende per leggerezza e incompetenza.
Il presidente Rossi, uomo politico che ho sempre considerato tra i più capaci e degni di rispetto, passa con disinvoltura dalla fase assolutoria a quella accusatoria, anzi alla sentenza. «Di chi sono — gli viene chiesto — le responsabilità nel caso della Banca Etruria?». Risponde Rossi: «La colpa maggiore risiede nel passato e nella scelta profondamente sbagliata e arrogante di Monti di non ricorrere al denaro dell’Europa per risanare il nostro sistema bancario. Così, ci siamo trovati a risanare le banche tedesche e spagnole».
Forse Rossi si riferisce al fatto che l’Italia, malgrado la situazione critica di fine 2011, non ha fatto ricorso ad aiuti del fondo salva Stati europeo, come avevano fatto la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e come avrebbe fatto nell’estate 2012 la Spagna.
È così, ma si deve osservare che:
1) la Germania ha destinato al risanamento delle sue banche importi ingenti, ma tratti dal bilancio dello Stato, non erogati dall’Europa e perciò senza una partecipazione dell’Italia;
2) è vero che l’Italia, come gli altri Paesi dell’eurozona, ha contribuito pesantemente al salvataggio della Grecia e che questo si è in parte tradotto in un sollievo per le banche tedesche e francesi, che avevano prestato molto ad Atene; ma se l’Italia avesse chiesto all’epoca — come il presidente Rossi oggi suggerisce — l’aiuto europeo per le proprie banche, questo non avrebbe comportato affatto un minore importo nel sostegno italiano alla Grecia;
3) gli aiuti europei alle banche, così come agli Stati, non sono donazioni, sono prestiti a tassi di interesse non particolarmente favorevoli.
Come certo Enrico Rossi ricorda, il grave rischio finanziario per l’Italia a fine 2011 era legato alla finanza pubblica. I mercati stimavano al 35-40 per cento il rischio di insolvenza dello Stato italiano e chiedevano tassi di interesse davvero insostenibili per rifinanziare i titoli in scadenza. Se avessimo rifiutato quei tassi, lo stato non avrebbe avuto i soldi per pagare stipendi e pensioni, ma anche con quei tassi rischiavamo ogni giorno la spirale del default. Il problema non era tanto, come in Spagna, quello delle banche; se mai, le banche in Italia sarebbero saltate se fosse intervenuta una moratoria sui titoli di Stato, così presenti negli attivi delle banche.
Se in quella fase, secondo il perentorio ma postumo suggerimento del presidente Rossi, avessimo chiesto l’aiuto dell’Europa per le nostre banche, esso non ci sarebbe stato concesso, perché mancavano le condizioni che lo giustificassero. Come lo stesso Rossi e il suo partito sanno meglio di ogni altro, non è che il nostro governo (pur non essendo «amico» delle banche, come dimostrato per esempio dalle norme introdotte proprio in quei mesi per sciogliere legami tra banche e assicurazioni più da «salotto buono» che da mercato in concorrenza) fosse insensibile a specifiche situazioni gravemente compromesse, anche per i rapporti oscuri e impropri tra banche e politica.
Vi fu un caso gravissimo, quello del Monte dei Paschi di Siena, nel quale la Banca d’Italia e il governo intervennero risolutamente e, con aiuti che non hanno comportato nessun onere per i contribuenti (malgrado rumorose campagne denigratorie condotte con cialtroneria da altri politici, vecchi e nuovi populisti) hanno salvato la banca più antica del mondo, in quella che considero la più bella regione italiana e che purtroppo, per ragioni che sfuggono (a me, ma probabilmente non al presidente Rossi, che ha idee così chiare sulle cause delle crisi bancarie), rivela una preoccupante propensione agli incidenti bancari, benché alla guida delle banche siano state e siano non di rado persone con l’attenzione molto rivolta alla cosa pubblica, con sensibilità di sinistra, di destra o mutevole secondo la ragion di Stato.