Corriere 14.12.15
Consulta, si riparte: trentesimo scrutinio con il rischio scheda bianca
di Dino Martirano
ROMA C’è anche aria di scheda bianca per il 30° scrutinio sui giudici costituzionali previsto per oggi pomeriggio. Per 29 volte il Parlamento in seduta comune non è riuscito a eleggere i tre giudici di nomina parlamentare ancora mancanti al plenum della Consulta che, da mesi, è costretta a prendere le decisioni con 12 componenti, rischiando così, anche a causa un banale raffreddore, di far saltare il numero legale. E il 30° tentativo, dopo oltre 10 giorni di riflessione, non sembra partire con il piede giusto. I partiti sono occupati a ritagliarsi gli ultimi vantaggi in sede di legge di Stabilità sulla quale mercoledì il governo potrebbe chiedere il voto di fiducia. Dunque, i plenipotenziari del Pd, di Ap e di FI (che oggi continueranno a riproporre senza grande convinzione la terna Barbera-Nicotra-Sisto) sono distratti da altro. Anche se sotto la cenere cova un potenziale accordo tra i dem e i grillini che taglierebbe fuori Forza Italia: il M5S sarebbe anche disposto a votare per il professore Augusto Barbera (irrinunciabile per Renzi) a patto che il Pd ricambi l’appoggio per il professore Franco Modugno (sostenuto da Grillo) e contestualmente rompa con Forza Italia. Se infatti dovesse reggere lo schema 2+1 senza il patto del Nazareno (due giudici alla maggioranza e uno all’opposizione grillina) a rimetterci la poltrona alla Consulta sarebbe proprio l’azzurro Francesco Paolo Sisto. Per questo dentro Forza Italia stanno facendo circolare alcuni nomi nuovi: quelli più indipendenti, perché al contrario di Sisto non sono parlamentari in carica, del presidente della Corte dei conti, Raffele Squitieri, e dell’avvocato milanese Alessio Lanzi. I centristi poi hanno ancora molte gatte da pelare: la posizione della professoressa Ida Nicotra (subentrata dopo la rinuncia del presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella) sarebbe insidiata da chi sponsorizza il consigliere di Stato Alessandro Pajino, già capo di gabinetto di Sergio Mattarella, quando era ministro dell’Istruzione, e di Carlo Azeglio Ciampi (Tesoro) nonché segretario generale di Palazzo Chigi con il Prodi I e sottosegretario all’Interno con il Prodi II.
Se, dunque, l’impasse dovesse continuare, si affaccia dietro l’angolo l’opzione più scomoda per il governo: eleggere subito due giudici (uno gradito al Pd e uno al M5S), aspettando per il terzo escluso un altro giro. Magari tra un paio di mesi.