Corriere 13.12.15
Quella delle banche è per il governo Renzi la tempesta perfetta
Una vicenda che adesso va chiarita
di Antonio Polito
Quella delle banche è per il governo Renzi la tempesta perfetta. Contiene tutti gli ingredienti della prima, seria crisi di fiducia con l’elettorato. Riguarda i «piccoli», in questo caso risparmiatori, e cioè la parte del Paese più impaurita e rabbiosa, la più corteggiata dal populismo.
Segnala la debolezza del nostro governo in Europa, cui avevamo promesso di «cambiare verso» con la nostra leadership; tocca le tasche degli italiani, in cui Renzi ha finora tentato di infilare sempre qualcosa, perfino un bonus ai diciottenni per andare a teatro, e ora invece qualcosa deve togliere perché, come ha detto lui stesso, «non si può salvare tutti»; ha a che fare di nuovo con le banche, magnifica ossessione del sistema di potere Pd, dai tempi dell’«abbiamo una banca», fino ai guai della rossa Siena, ora trasferitisi nella più bianca Arezzo.
La reazione del governo alla crisi non è stata all’altezza. Si è infatti innescato un pericoloso scaricabarile. L’Italia deve sottostare alle regole in difesa dei contribuenti che ha votato in Europa, ma mugugna perché l’Europa le fa rispettare. Bankitalia e Consob si contendono la colpa di chi ha vigilato peggio. E Renzi sembra sperare di cavarsela indirizzando su di loro l’arma della commissione d’inchiesta.
Il governo non ha sbagliato a salvare le quattro banche locali affondate sotto il peso di una gestione clientelare dei prestiti. I tanti demagoghi in circolazione dovrebbero infatti spiegare come sia possibile salvare i risparmiatori senza salvare le banche. Ma il governo ha sbagliato a sottovalutare il problema posto dalla massa abnorme di obbligazioni bancarie in circolazione. Esse si trovano infatti in cima a una piramide di conflitti di interesse. Molti istituti hanno venduto credito in cambio di credito, prestando soldi a chi era disposto a prestarne loro, e hanno premiato i funzionari che piazzavano i titoli più rischiosi ai clienti più fidati (alla Banca dell’Etruria c’era perfino una classifica interna). Ma il conflitto di interessi ha riguardato anche i governi. Questo afflusso di piccolo risparmio, senza paragoni in Europa, ha infatti aiutato le banche mentre acquistavano grandi quantità di titoli di Stato, come spiega oggi Federico Fubini, finanziando così il nostro debito pubblico. Ecco forse spiegato perché nessuno ha mai dato ascolto a Bankitalia quando chiedeva di proibire la vendita di queste obbligazioni ai piccoli risparmiatori: i grandi investitori, ben più consapevoli del rischio, non le avrebbero infatti comprate.
È vero che il governo ha ereditato questa situazione. Ma in questi due anni non l’ha affrontata, sperando che guarisse da sé con la solita cura di iniezioni di ottimismo anti-gufi. Un’illusione che riguarda anche altri problemi italiani, dei quali c’è da sperare che non ci si presenti presto il conto, a partire dal deficit che resta alto e dal debito che non cala.
La sottovalutazione dipende anche dall’imbarazzo per il fatto che il padre del ministro più importante era amministratore di una delle banche salvate? Sono in molti a dirlo, e a invocare un conflitto di interessi. Bisognerebbe però indicare in che modo il provvedimento del governo avrebbe favorito Boschi padre, per poterlo provare. Finora sappiamo soltanto che Pier Luigi Boschi è stato rimosso insieme con tutto il Cda e multato per 144 mila euro dalla Banca d’Italia.
Ciò che di certo è ancora da rimuovere è l’opacità di questa storia. L’ispezione della Banca d’Italia ha accertato che circa 185 milioni sono stati prestati dalla banca a 18 dei suoi amministratori: quanti di questi sono andati alle 14 aziende agricole nel cui consiglio siede Boschi senior, uomo di punta della Coldiretti locale?
Finché queste risposte non verranno date, la tempesta sul ministro Boschi continuerà; ma spettano a lei, che ancora ieri ne ha taciuto, e alla sua famiglia. Ciò che ci si aspetta invece dal governo Renzi è che si assuma le sue responsabilità facendo un discorso di verità. Rimborsare chi è stato truffato si può fare solo caso per caso, a meno di non riconoscere implicitamente che tutti gli amministratori della banca hanno truffato tutti gli obbligazionisti, con le conseguenze penali del caso. Polemizzare con l’Europa non si giustifica da parte di chi, come Renzi, ha più volte detto con orgoglio «l’Europa siamo noi»: porta solo acqua al mulino di chi vuole colpire insieme il governo e Bruxelles. Liberare al più presto dai conflitti di interessi e dalle troppe sofferenze il nostro sistema bancario si deve, e al più presto, perché è l’unico modo di proteggere davvero i risparmiatori.
Sulla scrivania del presidente Truman c’era una targa con la scritta «The buck stops here», il barile si ferma qui. In questa vicenda la scrivania dalla quale non può più essere scaricato è quella di Renzi.