Corriere 13.12.15
Scenari
Comuni, elettori pd divisi sulle alleanze. Per 2 italiani su 3 sarà un test nazionale
Il 49% dei sostenitori dem vuole l’asse a sinistra, un altro 49 punta sul centro o la corsa solitaria
di Nando Pagnoncelli
Le elezioni amministrative della prossima primavera che coinvolgeranno 1.289 Comuni e oltre 10 milioni di elettori si preannunciano all’insegna del cambiamento. Un cambiamento che riguarda il significato da attribuire alle elezioni comunali, la continuità con le amministrazioni uscenti, le previsioni di vittoria espresse dai cittadini e le alleanze del principale partito, il Pd. È quanto emerge dal sondaggio odierno.
Iniziamo dal significato da attribuire al voto: nonostante si tratti di consultazioni locali, due italiani su tre (64%) ritengono che le Comunali avranno un importante riflesso politico sul governo, mentre solo il 21% condivide quanto ha dichiarato il premier Renzi sottolineando che il voto riguarda solo i singoli Comuni e il governo non c’entra. Sono di questo parere soprattutto gli elettori del Pd (56%) mentre tra gli elettori degli altri partiti, nessuno escluso, prevale l’opinione che si tratterà di un test per il governo.
Quanto alle motivazioni di voto, un italiano su tre (35%) prevede che gli elettori coinvolti voteranno premiando i sindaci che hanno lavorato bene e tenendo in considerazione i programmi migliori; al contrario il 45% è convinto che gli elettori chiamati al voto vogliano cambiare e privilegeranno volti nuovi, anche senza esperienza. Anche in questo caso gli elettori del Pd si distinguono dagli altri immaginando un voto più influenzato dall’operato dell’amministrazione uscente e dai programmi (68%); l’elettorato di Forza Italia si divide, mentre gli elettori degli altri partiti prevedono che sarà maggioritaria la domanda di cambiamento.
Chi ha più probabilità di vincere? Prevale l’incertezza: 35% ritiene difficile prevedere chi vincerà, perché dipende dai candidati che si presenteranno e un altro 10% non si esprime. Tra coloro che formulano una previsione prevale il M5S (29%), mentre centrodestra (14%) e Pd (12%) sono sostanzialmente allo stesso livello nei pronostici degli italiani.
Da ultimo, la strategia elettorale del Pd per vincere le elezioni comunali. Le opinioni sono molto divise: il 25% crede sia opportuna un alleanza con le forze di centro, riproducendo la coalizione del governo nazionale; il 23% ritiene che il Pd debba correre da solo e il 21% in alleanza con la sinistra. Un terzo degli intervistati non si esprime in proposito. Tra gli elettori del Pd si registra una netta spaccatura: il 49% è convinto che, per vincere, il partito si debba alleare con la sinistra e il restante 49% propende per la corsa solitaria o l’alleanza con i partiti di centro.
Prevale, dunque, una domanda di cambiamento che ha motivazioni diverse. Innanzitutto c’è chi invoca il cambiamento a prescindere, come reazione all’insoddisfazione per la situazione attuale o come una sorta di mantra o di riflesso condizionato. Talora viene reclamato il cambiamento anche da parte di elettori che esprimono elevato apprezzamento per il sindaco e l’amministrazione uscente. E la stagione del cambiamento è iniziata proprio con le precedenti elezioni comunali del 2011, nella quale in diverse importanti città si affermarono i sindaci arancioni che furono seguiti dall’eclatante affermazione del Movimento 5 stelle alle politiche del 2013 e alla successiva fase politica renziana caratterizzata dalla rottamazione. Questo processo ha determinato l’aumento dell’aspettativa di cambiamento e l’impazienza dei cittadini, spesso mettendo in difficoltà i nuovi arrivati che rischiano di subire le conseguenze di una domanda che loro stessi hanno contribuito ad affermare.
In secondo luogo la richiesta di cambiamento è determinata dal rapporto tra centro e periferia del Paese. Se a livello centrale si è attuato un rinnovamento profondo (basti pensare alla leadership di tutti i partiti, con l’eccezione di Forza Italia, alla composizione del Parlamento e a quella del governo), in periferia non è accaduto lo stesso. La crisi dei partiti, molti dei quali privi di un radicamento territoriale, nonché la resistenza di leadership e gruppi di potere locali rendono evidente il contrasto.
Da ultimo, si rileva un forte logoramento nel rapporto tra cittadini e sindaco, di cui abbiamo trattato nel sondaggio di inizio ottobre: solo il 6% ritiene che i Comuni amministrino bene le risorse pubbliche e al contrario il 53% è convinto che facciano molti sprechi, inoltre il 42% pensa che il proprio sindaco appartenga alla «casta».
In questo clima verrebbe da chiedersi perché mai un cittadino dovrebbe candidarsi a fare il sindaco del proprio Comune: infatti, la crisi economica ha aumentato le domande di servizi locali, la riduzione delle risorse a disposizione delle amministrazioni ha ridotto la loro capacità di intervento e i cittadini sono sempre più esigenti, insoddisfatti e convinti di avere una ricetta per cambiare. E i compensi dei sindaci non sono certo da nababbi. C’è da riflettere.