domenica 13 dicembre 2015

Repubblica 13.12.15
Salta la fusione tra Sel, Prc e Fassina. Fallisce il tentativo di creare un soggetto politico radicale sul modello spagnolo di “Podemos”
di Matteo Pucciarelli


MILANO«Ora ci sarà da avvertire Jeremy Corbyn che l’assemblea di lancio non si fa più, peccato, sarebbe venuto… », si cruccia Massimo Torelli dell’Altra Europa con Tsipras. «Una dura sconfitta per tutti», sentenzia Alfonso Gianni, per una vita mente politica di Bertinotti. È l’ennesimo capitolo della saga dell’unità a sinistra che non arriva mai, neanche ora che il Pd targato Renzi è diventato il nemico comune.
A metà gennaio infatti doveva tenersi l’iniziativa di lancio della “fase costituente” del nuovo partito che mettesse insieme i fuoriusciti del Pd e Rifondazione, Sel e area movimentista; La “brigata Kalimera” dovevano farla a settembre, poi rimandata a ottobre, infine fissata con l’inizio del nuovo anno. Ma niente da fare, la trattativa è finita male. Sul tavolo c’era la proposta di Act, piattaforma di movimento vicina al nuovo corso della Sel post- Vendola targata Nicola Fratoianni: «Un percorso basato su piena cessione di sovranità e sulla partecipazione, anche con una piattaforma digitale che consenta l’effettività della pratica democratica». In sostanza, la creazione di una specie di Podemos italiana, partendo da zero, dallo scioglimento delle varie organizzazioni. Una testa e un voto, con l’intento di aprire a chi non si riconosce nelle vecchie sigle e un programma da rifare “dal basso”. E invece, «spiace constatare — è il resoconto di Act — che di fronte alla palese insufficienza di tutte le forze politiche esistenti e davanti alla drammaticità della situazione politica del Paese non ci sia la forza e il coraggio per mollare tutti gli ormeggi». In parole povere, Rifondazione non ha accettato la clausola dello scioglimento. Nella testa di Paolo Ferrero, infatti, c’è più il modello Syriza, l’altra stella polare della sinistra radicale nostrana: cioè una unione di forze, una coalizione, con la possibilità della doppia tessera (quindi per il Prc di mantenere la propria identità comunista), e per la formazione in partito vero e proprio poi si vedrà.
In mezzo alle diatribe di metodo, ci sono anche i malumori — ad esempio — per il protagonismo di Stefano Fassina, «ora sembra Suslov, fa i discorsi da rivoluzionario — malignano in diversi — quando ieri era viceministro nel governo di larghe intese». Senza dimenticare Pippo Civati, che al tavolo non c’era proprio perché si è fondato il suo partito, cioè Possibile. E ancora, le amministrative: a Napoli e Torino l’area va alle elezioni unita e in alternativa al centrosinistra, a Roma probabilmente, a Bologna Sel è spaccata in due ed è stata commissariata, a Milano Sel per ora sta dentro alle primarie e il resto fuori, a Cagliari tutti insieme con il Pd. «Sel in parlamento non c’è già più e abbiamo dato vita a Sinistra Italiana. Presto ci scioglieremo e ci metteremo a disposizione per allargare ancora, di più cosa dobbiamo fare?», si domanda Fratoianni. Insomma, la strada resta in salita, nonostante la necessità di costruire una nuova aggregazione per sopravvivere.
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Il leader di Sel, Nichi Vendola. Insieme a Nicola Fratoianni è uno dei fautori del superamento delle vecchie sigle della sinistra radicale