mercoledì 16 dicembre 2015

Articolo 11. In guerra contro l’Isis. I “boots on the ground” ce li mettiamo noi!
La forza militare dispiegata dal governo Renzi in campo di guerra è la terza per consistenza
Il premier: «È nel cuore di un’area pericolosa per Isis: eviteremo venga distrutta»
La Stampa 16.12.15
L’Italia difenderà la diga di Mosul
I soldati italiani a difesa della diga nel mirino dell’Isis
Renzi: un’azienda di Cesena la riparerà, saranno inviati 450 uomini a protezione
di Giordano Stabile


L’Italia manderà 450 uomini a proteggere la diga di Mosul e a consentire la sua riparazione «da parte di un’azienda di Cesena». L’annuncio del premier Matteo Renzi è arrivato ieri sera alla trasmissione di Rai Uno Porta a Porta. E segue il discorso di lunedì del presidente americano Barack Obama che aveva sollecitato gli alleati a un «maggiore sforzo» nella lotta all’Isis e citato il nostro Paese come esempio positivo di impegno. Non solo la Libia, quindi. L’Italia entra con decisione anche nel teatro iracheno, dove finora si era limitata a missioni di ricognizione con quattro Tornado, oltre all’opera di addestramento delle forze armate del Kurdistan iracheno condotta da istruttori dei Carabinieri. Opera elogiata da comandante delle coalizione anti-islamista John Allen, ma comunque nelle retrovie.
La diga di Mosul, 70 chilometri a Nord dalla capitale dello Stato islamico in Iraq, è invece vicina alla prima linea, che si trova a 30-40 km a Nord della città. Il fronte si è stabilizzato un anno fa ma resta fra i più caldi nella guerra all’Isis. Più a Ovest c’è stata questo autunno la durissima battaglia condotta dai curdi per riconquistare Sinjar. A Sud-Est, invece, l’esercito iracheno e milizie sciite cercano di avvicinarsi a Mosul attraverso i monti Makhoul.
Ma la diga in sé ha un alto valore strategico. È la più grande dell’Iraq. Alta 113 metri, lunga 3 chilometri e mezzo, ha creato un lago artificiale di 11 miliardi di metri cubi di acqua. In piena efficienza, le sue turbine potevano produrre 750 megawatt di elettricità. Il bacino serve a irrigare la piana di Ninive.
L’Isis, nell’agosto del 2014 si era impadronito per qualche giorno della diga. Aveva minacciato di farla saltare per creare un’onda d’urto che avrebbe devastato gran parte del corso del Tigri. Riprendere la diga è stato il primo obiettivo della coalizione internazionale appena formata. Il 17 agosto i Peshmerga curdi, con l’aiuto dei raid americani, l’hanno riconquistata.
Ma la battaglia, e anni di mancata manutenzione, hanno ridotto lo sbarramento in cattivo stato. Rimetterlo a posto è una delle priorità nella ricostruzione dell’Iraq nel dopo-Isis. Ma prima bisogna difenderlo e consentire a tecnici e operai di lavorare tranquilli.