domenica 8 novembre 2015

Repubblica 8.11.15
La folla rossa tra antichi compagni, comizi in strada e Bella Ciao
di Tommaso Ciriaco


ROMA. Dal loggione del teatro Quirino scintillano i colori della “Cosa rossa”. L’arancione un po’ stinto del logo “Sinistra italiana” e il bianco avorio delle chiome dei militanti. Passione politica e una spruzzata di vintage. Salpa la nuova sinistra. Dal bagaglio a mano spunta qualche tessera strappata del Pd, ma non c’è ancora traccia di un leader.
Sono in tanti a sacrificare questo sabato mattina di sole, che solo per caso coincide con la rivoluzione bolscevica del 7 novembre. «Guardi i messaggini sul cellulare – sorride Alfredo D’Attorre – c’è un mondo di democratici che non aspetta altro. Noi siamo qui per accoglierli». Elettori delusi, come la signora di mezza età che ammette: «Siamo su un filo sottile, se cadiamo resta solo Grillo». Nostalgici, come il suo vicino di poltrona: «Io sono del Pci». Oppure infuriati: «Ho lasciato il circolo Pd di Acilia da qualche mese - ricorda -Ne abbiamo passate tante, passerà anche il governo del c......».
A un certo punto i vigili del fuoco sprangano l’ingresso. Troppa gente. «Una volta volta tanto...», ironizza uno. Chi è rimasto fuori resta comunque in fila, stoicamente. «Questi giustamente so’ inc...», sintetizza Stefano Fassina. E quando la pazienza è al limite, una signora dai capelli arancioni ha un colpo di genio: «Una mattina mi sono svegliato, o bella ciao, bella ciao...». Cantano tutti. Solo il professor Carlo Galli, eletto nel Pd e appena transitato nella Sinistra italiana, non vuole attendere e si pianta davanti alla porta a vetri. Per entrare quasi travolge la signora all’ingresso. «Devo passare, io devo parlare!». Interverrà tre ore più tardi.
Sul palco c’è spazio solo per due deputate e un tavolinetto Ikea, mentre le prime file sono colonizzate dai gruppi dirigenti di Sel. Dei delusi del Pd si è detto: elettori, ma pochissimi quadri. Il resto sono big di ieri e di oggi con il cuore a sinistra: Valentino Parlato e Aldo Tortorella, Cesare Salvi e Pietro Folena, Fabio Mussi e Franco Giordano, Salvatore Settis e Luca Casarini e Alfiero Grandi, Curzio Maltese e Giuliana Sgrena, il responsabile Mezzogiorno Gianni Speranza e parecchi dirigenti della Cgil. Ecco la nuova sinistra antirenziana e radicale. Forse keynesiani, comunque supportati dalle teorie del Nobel Stiglitz.
Identità cercasi, assieme a un leader. Nichi Vendola è bloccato in Puglia da problemi familiari, ma è comunque troppo ingombrante per timonare. Con Maurizio Landini il feeling non è mai nato. Pippo Civati ha dato buca, inseguendo “Possibile” e conquistando la vetta del “rancorometro” in sala. Di Giuliano Pisapia non c’è traccia, magari cambiasse idea. Per paradosso tocca ai figli della Ditta occupare il vuoto alla sinistra di Bersani. Come due stelle, così si muovono Fassina e D’Attorre. «Alfredo è bravissimo – sussurra Massimiliano Smeriglio, vicepresidente del Lazio - e assomiglia a un Berlinguer del 2015». Siccome in teatro restano solo posti in piedi, proprio loro – assieme a Nicola Fratoianni – improvvisano un comizio per strada. Un successone. Per ascoltare meglio qualcuno sale pure sulle ruote delle auto in sosta. Applausi, qualche pernacchia al Pd e militanti entusiasti.
Dal palco, intanto, prendono la parola soprattutto i nuovi arrivati. «Come vede c’è poco spazio per i reduci – sorride Fassina - perché oggi tocca soprattutto a una nuova classe dirigente». Compagni o amici, questo è il dilemma per chi interviene. Claudio Fava fa la scelta sbagliata. «Compagniii, devi chiamarci compagniii...», gli urlano. I giovani non sono molti. «Dovremmo prendere due picciotti ciascuno ed educarli alla politica», ammette l’ex grillino Francesco Campanella. L’ultima foto è quella dei nuovi gruppi parlamentari, spinti quasi a forza sul palco con le note di un rock alternativo. Ma scaldava di più Bella ciao.