giovedì 5 novembre 2015

Repubblica 5.11.15
“Una sentenza annunciata ma il reato c’è ora i colpevoli”
Ingroia punta il dito contro le resistenze al processo: “Nessuno voleva, pesavano i conflitti con il Quirinale”
di Francesco Viviano


PALERMO «Era una sentenza annunciata ». Ma come una sentenza annunciata? Dopo tutto il clamore che c’è stato? L’ex magistrato Antonino Ingroia, che avviò l’inchiesta lo ripete: «E’ una sentenza annunciata».
Quindi quest’assoluzione non lo ha sopreso?
«No perchè nessuno, in Italia e soprattutto dentro le Istituzioni politiche e giudiziarie, voleva questo processo che ha creato grattacapi e persino conflitti con il Quirinale. Convocammo ed ascoltammo l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ma quello che in tanti volevano era che si cancellasse la “trattativa” dal vocabolario e dal pubblico dibattito del Paese. Invece, paradossalmente è avvenuto esattamente il contrario».
Veramente Mannino, presunto principale protagonista della “trattativa” è stato assolto.
«Questa sentenza ha assolto Mannino però ha riconosciuto la sussistenza della “trattativa” come fatto di reato, poi bisogna individuare i responsabili, se ci sono… ».
Qualcuno dice, anche Calogero Mannino, che lei sia “scappato” dopo l’avvio del processo lasciando il “cerino” in mano al suo collega Di Matteo e che ha utilizzato il clamore mediatico su questo processo per entrare in politica.
«Io non sono scappato per niente, sarei scappato se avessi lasciato l’indagine a metà e non è stato così. E’ stata una inchiesta lunghissima che è iniziata anni fa e l’ ho portata avanti fino alla fine, ho firmato la richiesta di rinvio a giudizio assieme agli altri colleghi e poi è iniziato un dibattimento che è stato ed è ancora lunghissimo. Io ho fatto il processo all’ex numero 2 del Sisde Bruno Contrada e quello a Marcello Dell’Utri portando a casa la condanna in tutte e due i casi. Non mi si poteva chiedere di rimanere per tutta la vita alla Procura di Palermo».
Mannino sostiene che nei suoi confronti c’è stata una “persecuzione” da parte di alcuni pm. Che il procuratore aggiunto Vittorio Teresi ha fatto il primo processo dove l’ex ministro era accusato di mafia e si è fatto poi nominare in appello e adesso coordina anche questa inchiesta. Ha ragione ha dirlo?
«Persecuzione è un’abitudine lamentata da molti politici finiti sotto inchiesta, l’hanno detto anche Silvio Berlusconi e Dell’ Utri ed altri imputati eccellenti. Ricorrono sempre alla persecuzione, in questo caso Mannino è passato al vaglio di un Gip che ha riconosciuto il rinvio a giudizio ».
L’ex ministro punta il dito anche contro il suo collega Di Matteo al quale lei ha lasciato “il testimone” sostenendo che ha fatto condannare degli innocenti nel processo per la strage di Va d’Amelio.
«E’ falso. Di Matteo ha fatto semplicemente il suo dovere. Dopo di che era stato messo in piedi un depistaggio utilizzando e strumentalizzando il falso pentito Enzo Scarantino e non se ne può attribuire la responsabilità a Di Matteo».
Però questa sentenza potrebbe influire sull’ altro processo ancora in corso e sembrerebbe una sconfitta per le tesi accusatorie della Procura e quindi anche delle sue tesi.
«Forse è una mezza sconfitta della Procura ma è anche una mezza vittoria perché il reato sussiste. Diverso sarebbe se l’assoluzione fosse stata con la formula perché il fatto non sussiste ».
Alla luce di quanto è accaduto, rifarebbe un altro processo del genere?
«Non solo lo rifarei ma era mio dovere farlo, avrei commesso un abuso se non lo avessi fatto ».