martedì 3 novembre 2015

Repubblica 3.11.15
“I soldi della carità spesi dai monsignori e quelli dei bambini per l’attico di Bertone”
Nel libro del giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi, i documenti che raccontano gli ultimi scandali finanziari vaticani
di Emiliano Fittipaldi


RICCHEZZE sterminate, proprietà immobiliari per quattro miliardi di euro, offerte per la beneficenza che non vengono spese per i più poveri ma ammucchiate in conti e investimenti, o per esigenze dei monsignori di curia.
E ancora: fondazioni vaticane dedicate ai bambini malati che investono centinaia di migliaia di euro per ristrutturare la casa di cardinali importanti, imprenditori indagati in Italia che — nonostante l’annunciata pulizia della banca vaticana — ancora nascondono i loro soldi allo Ior, investimenti milionari (da parte del Bambin Gesù, ospedale finanziato dallo Stato italiano e che ha in cassaforte un fondo segreto da 427 milioni di euro) su aziende petrolifere e chimiche Usa come la Exxon e la Dow Chemical.
Nel libro “Avarizia” del giornalista de “L’Espresso” Emiliano Fittipaldi, in uscita per Feltrinelli giovedì 5 novembre, si raccontano decine di scandali finanziari vaticani, grazie allo studio di una documentazione riservatissima e a un lungo lavoro di inchiesta giornalistica. Ecco alcuni stralci.
LAVORI NEL MEGA ATTICO
Partiamo dal Bambin Gesù. O meglio da una fondazione controllata, nata nel 2008 per raccogliere denaro per i piccoli pazienti. Gli investigatori della società di revisione PricewaterhouseCoopers (PwC) nella bozza del rapporto consegnata al Vaticano il 21 marzo 2014 dedicano alla onlus italiana con sede in Vaticano alcuni passaggi della loro due diligence. Nel focus si evidenzia l’affitto di un elicottero, nel febbraio 2012, per la bellezza di 23 mila e 800 euro. Pagati sull’unghia dalla fondazione Bambin Gesù «a una società di charter per trasportare monsignor Bertone dal Vaticano alla Basilicata per alcune attività di marketing svolte per conto dell’ospedale». Ma c’è un’altra spesa della fondazione non pubblicata sul rapporto PwC che rischia di imbarazzare il Papa e il Vaticano.
Quella che riguarda il pagamento dei lavori della nuova casa di Bertone a palazzo San Carlo. La fondazione, definita da PwC come «un veicolo per la raccolta di fondi volti a sostenere l’assistenza, la ricerca e le attività umanitarie del Bambin Gesù» ha saldato le fatture dei lavori per un totale di circa 200mila euro, pagati all’azienda Castelli Real Estate dell’imprenditore Gianantonio Bandera. «Gentile dottor Fittipaldi, alle sue domande» precisa Bertone, «rispondo che il sottoscritto ha versato al medesimo governatorato la somma richiesta come mio contributo ai lavori di ristrutturazione. Non ho nulla a che vedere con altre vicende ». Profiti, fino al 2015 presidente sia del Bambin Gesù che del consiglio direttivo dell’omonima fondazione conferma invece la spesa autorizzata a favore dell’appartamento di Bertone, già finito nella bufera per la sua ampia metratura. La parcella, spiega Profiti, sarebbe stata giustificata dal fatto che la casa del cardinale sarebbe stata poi messa a disposizione della fondazione stessa per finalità “istituzionali”: «È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa di Bertone. Cercando di ottenere in cambio la disponibilità di potere mettere a disposizione l’appartamento ».
BENEFICENZA ZERO
Se analisi della Ernst e Young evidenziano che vendendo benzina, sigarette e vestiti a costi ribassati rispetto all’Italia il Vaticano guadagna ogni anno 60 milioni (i clienti dei negozi dovrebbero essere circa 5mila, ossia residenti e dipendenti della Santa Sede, ma a Roma sono state distribuite ben 41mila tessere a vip, raccomandati e amici degli amici), leggendo le carte è evidente che i denari in Vaticano si trovano dappertutto. E, quando ce ne sono tanti, è facile che non manchino nemmeno gli sprechi. Un cruccio, per Francesco, che vorrebbe limitarli il più possibile, bloccando rigagnoli infruttuosi per deviarli su attività evangeliche. Una delle voci più interessanti analizzate dai revisori di Kpmg è quella relativa all’Obolo di San Pietro. Il Vaticano lo definisce, letteralmente, un «aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi». La carità dei fedeli (esiste anche un conto Iban dedicato) è andata a gonfiare un fondo che non compare nel bilancio della Santa Sede, e che nel 2013 ha toccato i 378 milioni di euro. «Tutte le entità menzionate nella Pastor Bonus sono incluse nel perimetro di consolidamento», riassumono i commissari della dissolta commissione pontificia commentando le analisi di Kpmg, «ma non tutti i fondi esistenti in queste entità, prevalentemente denaro liquido e titoli, sono riportati nel bilancio di esercizio. Tra gli attivi non consolidati i fondi esclusi dal bilan- cio consolidato ammontano a nonmeno di 471 milioni di euro; di questi, 378 corrispondono all’Obolo di San Pietro. Questi fondi sono depositati su conti bancari presso lo Ior, l’Apsa e altre banche». Un paragrafo del rapporto Moneyval fa luce anche sulla reale destinazione finale dei denari raccolti: «Nel 2010 gli esborsi erano costituiti principalmente da spese ordinarie e straordinarie dei dicasteri e delle istituzioni della curia romana» e non in opere di carità. Stesse evidenze nella gestione dell’8 per 1000.
CASE E AFFARI
Un documento della Commissione referente, scritto in inglese e in italiano e destinato a George Pell, capo della nuova segreteria per l’Economia voluta da Francesco, sintetizza per la prima volta il valore reale di tutti i beni immobiliari di proprietà di istituzioni vaticane. Leggiamolo: «Sulla base delle informazioni messe a disposizione di Cosea, ci sono 26 istituzioni relazionate alla Santa Sede che possiedono beni immobiliari per un valore contabile totale di un miliardo di euro al 31.12.2012. Una valutazione di mercato indicativa dimostra una stima del valore totale dei beni di quattro volte più grande rispetto al valore contabile, o quattro miliardi di euro». Già: quattro miliardi tondi tondi. Nel report sono indicate anche le istituzioni papali «con le proprietà più importanti a valore di mercato». Cioè l’Apsa (con un patrimonio da 2,7 miliardi), la congregazione Propaganda Fide (450 milioni di euro, in passato libri e giornali hanno sempre dato stime ancora più alte), la Casa sollievo della sofferenza (grazie alle donazioni l’ospedale di Padre Pio ha un portafoglio di 37 palazzi valutato 190 milioni) e il Fondo pensioni dei dipendenti, che possiede immobili per 160 milioni di euro. Non è tutto. In un altro report confidenziale della Cosea datato 7 gennaio 2014 si specifica che quasi sempre «gli immobili sono registrati o al costo di acquisizione o al costo di donazione, e molti edifici istituzionali sono valutati a 1 euro. Dunque c’è da aspettarsi che il valore di mercato del real estate vaticano sia molto più grande».
I DEPOSITI DI NOMI ECCELLENTI
Mentre “Avarizia” va in stampa allo Ior galleggiano poco più di cento conti sospetti, tra cui una decina intestati a nomi eccellenti che potrebbero creare più di un disagio a Santa Romana Chiesa. In qualche caso si tratta di eredità di clienti laici ancora da liquidare (a bilancio la somma è messa a 17 milioni), ma altri depositi appartengono a professionisti e imprenditori. «Questi depositi sono stati bloccati», ha giurato il capo dell’Aif Brülhart. A Bankitalia, che ha firmato un accordo di collaborazione con l’Uif, sono però rimasti di sasso quando la procura di Roma ha spedito oltre le mura un’altra rogatoria internazionale, chiedendo conto e ragione di eventuali beni posseduti da Angelo Proietti. Un costruttore titolare della società Edil Ars, diventato celebre perché la sua ditta ha ristrutturato gratis la casa in cui ha abitato per anni l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Ebbene, Proietti è uno dei fornitori storici del Vaticano e della curia romana per cui ha eseguito decine di lavori e interventi, e i pm – da mesi alla ricerca del suo patrimonio – sono certi che parte dei suoi guadagni siano nascosti ancora oggi allo Ior. Anche questa vicenda, se le ipotesi investigative dei magistrati italiani si rivelassero corrette, dimostrerebbe che la Santa Sede scambia informazioni con procure e autorità antiriciclaggio di Roma solo col contagocce. Lo Ior non conferma e non smentisce l’esistenza del conto di Proietti. «Non è possibile parlare di casi concreti, si violerebbero il segreto di ufficio e il segreto istruttorio, ma se Proietti aveva un conto presso lo Ior, e questo conto è “non conforme” alla legislazione antiriciclaggio vaticana e alle nuove politiche Ior, ciò che si può affermare è che esso è stato sottoposto alla procedura».