venerdì 27 novembre 2015

Repubblica 27.11.15
Bandiera e Marsigliese quei simboli contesi che oggi uniscono la Francia impaurita
Per la commemorazione delle vittime del terrore, il presidente Hollande ha chiesto di esibire il tricolore. Un’iniziativa per rinsaldare un paese in lutto che ora vuole blindare le sue frontiere Ma anche per togliere all’estrema destra il monopolio del patriottismo
di Bernardo Valli


PARIGI L’INVITO a esporre le bandiere nazionali è destinato a risvegliare la solidarietà patriottica nel paese in lutto. Le note della Marsigliese che risuonano spesso e la comparsa di tanti tricolori, di solito riservati agli uffici pubblici e, al contrario di quel che accade negli Stati Uniti, insoliti sulle facciate private, esortano all’unità della Francia, nonostante le divisioni politiche e le aspre polemiche che le accompagnano. L’iniziativa di imbandierare finestre e balconi il giorno in cui sulla spianata degli Invalidi, nel cuore della capitale, si celebra con solennità la cerimonia funebre per i cento trenta morti del 13 novembre, è dunque comprensibile e condivisibile. Come è giusto voler creare un’atmosfera di resistenza ai rischi del terrorismo ancora incombente.
Ma lo sventolio delle bandiere e i cori della Marsigliese sollecitati dal governo socialista hanno anche altri significati. Anzitutto la sinistra si riappropria dei simboli che ha creato. La destra e ancor più l’estrema destra glieli avevano sottratti. Assomiglia a una truffa storica. Il tricolore bleu-blanc-rouge spunta nelle prime ore della rivoluzione, nel luglio del 1789. Gli aneddoti sono tanti. Uno racconta che Lafayette, comandante della guardia nazionale appena formata, abbia fatto un segno di riconoscimento per le sue truppe con il bianco dell’uniforme delle guardie francesi, unitesi all’insurrezione, e con il blu e il rosso delle milizie parigine. Ma un altro aneddoto fa risalire l’accostamento dei tre colori a quando Luigi XVI, il 17 luglio, arrivato da Versailles a Parigi tre giorni dopo la presa della Bastiglia, accetta la richiesta del sindaco Bailly di mettere sul suo cappello un nastro blu e rosso, i colori della città, accanto alla coccarda bianca che pare vi fosse appuntata. In quanto alla Marsigliese è composta, a Strasburgo, nel 1792, non da un grande musicista, ma dal capitano del genio Joseph Roger de Lisle nei giorni in cui la rivoluzione dichiara guerra «ai re di Boemia e di Ungheria». E forse fu cantata, nel settembre dello stesso anno, a Valmy, nella Marna, dove la rivoluzione vinse la sua prima battaglia.
Fin dalla loro nascita, che valeva la pena rievocare, il tricolore e la Marsigliese furono i simboli della sinistra. Ma lungo i decenni essi sono stati adottati con disinvoltura da reazionari e da rivoluzionari. I tricolori si sono scontrati con le bandiere rosse, e la Marsigliese è stata spesso cantata in aperta tenzone con l’Internazionale. Nei nostri giorni il Front National se ne è appropriato. È durante le sue manifestazioni che le bandiere bleu-blanc-rouge sventolano numerose, mentre scarseggiavano nei cortei di sinistra. Segolène Royal, candidata alle presidenziali vinte da Nicolas Sarkozy, ha cercato nove anni fa di recuperarle durante la campagna elettorale. Non sconfinò nel nazionalismo, ma cercò di sottrarre al suo avversario il monopolio di un patriottismo esibito con i vecchi simboli della Francia repubblicana.
Jean Marie Le Pen, e poi sua figlia Marine, ed oggi anche sua nipote Marion, fanno uno sfoggio che pareva eccessivo, perché apertamente nazionalista, alla sinistra più sensibile. Adesso l’atteggiamento é cambiato. Quel che veniva rinfacciato dagli stessi compagni a Segolène Royal non solo è accettato ma apertamente praticato dalla sinistra. Sia il ricorso alle bandiere sia alcune proposte sulla sicurezza. Ad esempio la creazione di campi di rieducazione, organizzati dai militari, dove rinchiudere i giovani delinquenti e possibili terroristi. Il progetto oggi non scandalizzerebbe più. La presenza nel governo di Manuel Valls, che condivide molte idee della prima donna candidata (sfortunata) alla massima carica dello Stato, favorisce il generoso uso delle bandiere e della Marsigliese, che accompagna lo stato di emergenza dichiarato da François Hollande. I simboli del patriottismo e le misure di sicurezza sono gli strumenti per tenere unito il paese e per migliorare la sicurezza.
Servono anche per arginare l’estrema destra. Al voto del 6-13 dicembre, che coinvolgerà le regioni, e sarà l’ultimo a livello nazionale prima delle presidenziali della primavera del ’17, il Front National dovrebbe ottenere il 32 per cento dei voti, nell’insieme del paese, secondo le ultime indagini d’opinione. Il recupero di popolarità del presidente socialista, del quale i francesi riconoscono il comportamento positivo, o addirittura esemplare, durante e dopo l’incursione terroristica del venerdi sera, non si riverbera sul suo partito. Il quale arriva terzo in molte regioni, dopo il Front National e i Républicains, come si chiamano adesso i membri del partito di centro destra di Nicolas Sarkozy. Persino nell’Ile de France, al centro della quale si trova Parigi, dove aveva una presenza elettorale di rilievo, la sinistra sta perdendo voti virtuali. Ma è soprattutto nel Sud, in Provenza, dove è candidata Marion Le Pen, la nipote, e nel Nord, dove è candidata Marine, la zia, che il Front National dovrebbe umiliare elettoralmente gli avversari, il partito socialista e i Républicains.
Il valore dell’omaggio alle vittime del 13 novembre, il giorno della cerimonia funebre sulla spianata degli Invalidi, resta intatto. Un paese imbandierato è un’immagine che non lascia insensibili. Nonostante sia un gesto nazionale, accompagnato in queste ore da un controllo più stretto delle frontiere, deve esprimersi in favore di quella dimostrazione patriottica anche chi rimpiange l’assenza di bandiere europee. L’Unione non accende sentimenti adeguati. Ma in questo caso la posta in gioco è nelle contrade francesi. Tali, francesi, erano i terroristi della strage del 13 novembre. E tra i loro obiettivi c’era senz’altro anche quello di creare una frattura profonda tra la comunità musulmana di Francia (sei milioni) e il resto del paese. Insomma, nella loro megalomania, qualcosa di simile a una guerra civile. La diffidenza, il sospetto, le misure eccezionali rivolte inevitabilmente ai sobborghi abitati da arabi, possono suscitare rancori destinati a diventare ostilità. Un giorno qualcosa di molto grave anche per l’Europa. La Francia imbandierata è aperta a tutti. È un antidoto alle minacce. Tutti possono appendere il tricolore alla finestra, impedendo che sia l’esclusivo simbolo del Front National, vale a dire un’espressione di islamofobia. Togliere agli estremisti di destra la prerogativa di usare da soli i simboli nazionali equivale anche a un’operazione politica. Efficace quanto lo stato di emergenza. Forse di più.