giovedì 26 novembre 2015

Repubblica 26.11.15
Virginio Merola
Il sindaco di Bologna deciso a ricandidarsi: “Credo di poter essere eletto al primo turno”
“Renzi e il Pd con me chi cerca di colpirmi mi sfidi a viso aperto”
di Giovanni Egidio


BOLOGNA In teoria, e non solo, il candidato sindaco di Bologna è lui. In pratica non passa settimana in cui a qualcuno non salti in mente di metterlo in dubbio. Voci, rumors, boatos. «Sì, e sempre rigorosamente anonimi – risponde Virginio Merola -, mai nessuno che ci metta la faccia e mi sfidi. Eppure qui il Pd si è schierato con me compattamente, al punto di decidere di non fare le primarie».
Sì, il Pd emiliano si è schierato. Infatti viene il dubbio, per usare un eufemismo, che le continue voci arrivino direttamente dall’entourage di Renzi. Non ci pensa?
«No, per nulla. Renzi è venuto in città un mese fa e mi ha ribadito di andare avanti. Guerini fu informato subito dal Pd e avallò la scelta della mia candidatura. E a me ha pure ribadito personalmente la sua fiducia lunedì scorso a Ravenna. Così come lo ha fatto Debora Serracchiani. Perché dovrei temere della loro lealtà? Non ne ho motivo ».
I suoi detrattori saranno anche anonimi, però l’altro giorno hanno preso il volto e la voce del ministro Galletti, bolognese e uomo di fiducia di Casini. Ma pur sempre ministro del governo Renzi. Avete pure litigato...
«Sì, lui mi ha dato dell’indeciso e io gli ho detto che si comportava subdolamente. Da mesi non perde occasione di venire in città a cercare di destabilizzarmi. Ma non ha niente da fare a Roma? Ci mettesse la faccia, ma per davvero. Cioè decidesse di candidarsi, anziché non escludere un suo possibile impegno con frasi tipo “chi vivrà vedrà…”. Non è un atteggiamento subdolo?».
L’accusa di cambiare idea in fretta in realtà non gliel’ha mossa solo Galletti.
Insomma, chi è che ce l’ha con Merola?
«Se non fossi pronto a prendere la decisione giusta velocemente sarei ancora fermo col mio programma elettorale iniziale, affossato dalle scelte del governo Monti. In cinque anni ho avuto 200 milioni di tagli a fronte di un bilancio di 560 milioni. Ma cinque anni dopo il bilancio di Bologna è in sicurezza. Non credo di aver preso molte decisioni sbagliate. Chi ce l’ha con me? Chi mi giudica troppo indipendente. E almeno su quello ha ragione».
Troppo emotivo, dicono sempre i suoi detrattori.
«Sì, lo sono. E se mi commuovo facendo politica non me ne vergogno, perché per me è passione. E io posso solo essere me stesso. Non mi sono mai riconosciuto nella definizione di Formica che definì la politica “sangue e merda”».
Preso dall’emotività non ha mai pensato di lasciar perdere, visto il clima?
«Non dopo aver chiesto, in estate, lealtà al mio partito e averla ottenuta. Il resto fa parte del gioco, sporco, della politica. A cui non guardo».
Si prepara al ballottaggio?
«Lavoro per vincere al primo turno, e credo di poterci riuscire, onde evitare che il centrodestra si sposti sul Movimento 5 Stelle al secondo. Ma il mio orizzonte e i miei rischi sono quelli di tanti altri sindaci. Quindi è necessario che il Pd si dia da fare per questa tornata elettorale amministrativa, di cui credo e spero che Renzi non abbia sottovalutato l’impatto».
E cosa si aspetta dal Pd?
«Mi aspetto che si chiarisca su un punto: il partito della Nazione può essere una necessità dovuta alla composizione dell’attuale maggioranza, ma non la prospettiva del nostro partito. Qui, sul campo, cioè nelle città, noi governiamo con l’idea chiara di essere alternativi al centrodestra. Ci teniamo a rimarcarlo. E ci tengono molto anche i nostri elettori».
Intanto il Pd pare stia facendo sondaggi sui candidati. Si sente al riparo? La classifica del Sole 24 Ore qualche tempo fa ha visto Bologna arretrare.
«Ma la scorsa settimana secondo Italia Oggi, fonte Datamedia, siamo la città più vivibile d’Italia. Non mi fascio la testa per il primo e non mi esalto per il secondo. Credo a un solo sondaggio, le elezioni. E quando le ho affrontate, cinque anni fa, le ho vinte».
Da qui a giugno si aspetta altri attacchi?
«Non ho bisogno di stare tranquillo, direi citando l’anarchico Enrico Malatesta, che era di Santa Maria Capua Vetere, come me».