Corriere 26.11.15
La sinistra, i 40enni e la rivoluzione: ora che fare con il potere?
Generazione trasversale. Il dato generazionale non è solo anagrafico: è un modo di vedere le cose che segna la definitiva demolizione del muro di Berlino
di Pierluigi Battista
Non si può tornare indietro, il libro curato da Christian Rocca e pubblicato da Marsilio, può essere letto in tanti modi. Come una risposta a più voci al quesito «per fare che cosa?» connesso a una delle più impegnative asserzioni di Rocca nella sua introduzione: «i trentenni e i quarantenni hanno conquistato il potere con un formidabile colpo di mano». Come «il racconto brillante dei consumi, delle tendenze e delle passioni culturali contemporanee» condotto dalla scintillante galleria di giornalisti e scrittori, il cui elenco completo occuperebbe tutt’intero lo spazio di questo articolo, e i cui contributi sono stati nel corso degli anni raccolti da IL , la rivista mensile del Sole 24 Ore diretta appunto da Christian Rocca. Come un elogio delle «magnifiche sorti e progressive» del capitalismo, la cui globalizzazione ha permesso di dimezzare dal 1990 ad oggi il numero dei poveri e degli affamati nel mondo. Come la dimostrazione variamente articolata che «il liberismo è di sinistra», come già anni fa hanno detto e scritto i nostri Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Come il manifesto ideologico di una sinistra moderna, liberale, non impantanata nelle sabbie mobili del passato. Come un elogio proteiforme del renzismo. Come il tentativo di dimostrare che non è solo un atto di fede un’asserzione molto spericolata di Rocca e cioè che la «rivoluzione» è già arrivata e il «cambiamento» stia cambiando davvero le cose.
Ogni lettura è legittima, perché questo libro è un saporito cocktail che mescola tanti ingredienti. E che coltiva un’ambizione, argomentata dallo stesso Rocca: che sia possibile rappresentare l’attualità politica «spesso parlando d’altro», con la convinzione che «la migliore fotografia della società non sia l’analisi sociologica né il “pastone politico”» ma il racconto della rivoluzione generazionale che ha travolto lo scenario politico che pensavamo fosse immutabile, eterno. Per «generazionale» qui si intende non un dato meramente anagrafico ma un modo di vedere le cose della società, della cultura, del costume e della politica che segna la definitiva demolizione del muro di Berlino che ci ha imprigionato le menti fino a ieri. È andata al potere, sta andando al potere, la generazione che nella sua testa e nella sua sensibilità rompe gli schemi che indicano nell’«età adulta» un traguardo in cui ragazzi e adulti stanno in due mondi diversi. No, quest’età adulta è finita. I consumi culturali sono più o meno gli stessi tra chi ha venticinque anni e chi ne ha quaranta. Lorenzo Jovanotti, illustre seguace del club di IL e dunque compartecipe di questo libro, la chiama «bambinizzazione della società» e nella filosofia di Rocca non è poi così male. Giusto? Sbagliato? Il guaio del nuovo è che non si capisce veramente se sia nuovo. Sono già passati cinquant’anni da quando Umberto Eco ha fatto a pezzi la distinzione tra «alto» e «basso» e ha usato Kant per la sua «fenomenologia di Mike Bongiorno». E mia figlia, che ha quasi 24 anni, sceglie le stesse canzoni dei Beatles che io, a sessant’anni, non smetto di ascoltare.
Il nuovo ha sempre il vecchio che, abbattuto dalla rivoluzione, non cessa di proiettare la sua ombra. L’ombra protettiva che Rocca sceglie è quella della sinistra di Tony Blair e di Bill Clinton che negli anni Novanta diedero una poderosa sterzata a una sinistra impolverata e perdente. Ecco, quella è la sinistra, «liberista», che lui auspica. Ma lo stesso Rocca ammette che il grosso del lavoro di liberalizzazione e modernizzazione della società e dell’economia, il cuore della rivoluzione liberale, è stato opera di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher. Permettendo alla sinistra dei Clinton e dei Blair di dire: non smantelliamo ciò che hanno fatto i nostri predecessori. Per Renzi e Valls in Francia il compito della «rivoluzione liberale» dovrebbe essere fatto proprio dalla sinistra. Da una sinistra che teme di perdere la sua identità e di fare troppo una sinistra costretta a recitare e realizzare cose di «destra». Il nuovo deve pur sempre, insomma, fare i conti con la storia. La rivoluzione generazionale è fatto compiuto e irreversibile e chi deve essere rottamato si faccia da parte. Il «per che cosa» è ancora una nebulosa. Coraggio, «non si può tornare indietro».