lunedì 16 novembre 2015

Repubblica  16.11.15
Via i cassonetti truffa dei vestiti per i poveri un’altra eredità di Mafia capitale
Roma, in pochi giorni ne spariranno quasi duemila
L’affare degli abiti rivenduti dalle coop legate a Buzzi
di Mauro Favale


ROMA Dovevano essere puliti e invece restavano sporchi se non “tossici”. Erano uno degli esempi più visibili di beneficenza, ma fruttavano un giro d’affari da 2 milioni di euro. Dovevano restare nei nostri confini, eppure finivano tra il Nord Africa e l’Europa dell’Est. Sugli “stracci”, sui vestiti usati, su maglioni e giubbotti donati dai romani per i più poveri si era da tempo allungata l’ombra della camorra, favorita dall’intervento di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, ancora loro, i due principali imputati nel processo in corso su Mafia capitale.
Questa è la storia dell’ultimo (chissà se definitivo) effetto dell’organizzazione su Roma e sui suoi abitanti. Perché, dalle prossime settimane e almeno fino a primavera 2016, chi vorrà fare beneficenza non troverà più per strada i tradizionali cassonetti gialli che per anni hanno raccolto gli indumenti destinati ai più poveri. Sono 1.800 e spariranno entro pochi giorni per decisione dell’Ama, la municipalizzata che nella capitale si occupa di rifiuti. L’azienda, infatti, ha disposto «in autotutela» la sospensione del servizio affidato dal 2008 a due consorzi di imprese, Bastiani e Sol.Co., quest’ultimo presieduto da Mario Monge, arrestato a giugno e ampiamente citato nell’ordinanza su Mafia Capitale, tra l’altro, per il suo «rapporto di piena sottomissione» a Buzzi.
Ci sono voluti una multa salata dell’Antitrust (100mila euro) e soprattutto la relazione dei prefetti, l’atto sulla base del quale si è poi deciso di non sciogliere il Comune di Roma per infiltrazioni della criminalità organizzata, per convincere Ama alla revoca dell’affidamento.
Nelle 835 pagine di quel documento, desecretato solo alla vigilia della prima udienza del processo a Buzzi, Carminati & co., un intero capitolo è dedicato proprio alla cosiddetta “Ordinanza stracci”. Scrive la municipalizzata dei rifiuti: «All’interno si evidenziano condotte non corrette dei due consorzi nella gestione e nella partecipazione alla gara del 2008, nonché l’esistenza di gravi infiltrazioni mafiose che avrebbero interessato anche direttamente talune delle cooperative esecutrici del servizio». Tutti, in realtà, passaggi noti. Perché le infiltrazioni della camorra erano emerse già 10 mesi fa. A inizio gennaio, infatti, un’inchiesta della procura di Roma aveva raccontato come funzionava il sistema: gli indumenti raccolti nei cassonetti gialli venivano, dopo una serie di passaggi, immessi sul mercato senza alcun trattamento (obbligatorio) per igienizzarli. «In realtà — si legge nella relazione dei prefetti che cita le ordinanze dei magistrati — tali fasi sono completamente omesse, con un totale abbattimento dei costi che, in un regime fiscale privilegiato, trasforma in mero profitto i rifiuti acquisiti gratuitamente per essere posti in commercio in condizione di tossicità». La centrale di raccolta era in Campania nelle mani del clan Cozzolino, che si occupava di far finire gli abiti tra Nord Africa e Est Europa. A Roma gli affari, scrive il gip, «non potevano avvenire senza il benestare di Buzzi », che in Ama era riuscito a piazzare i suoi uomini.
La vicenda andava avanti dal 2008, quando i due consorzi si aggiudicarono una gara piena di ombre sulla quale indaga anche la Direzione distrettuale antimafia. Da allora, di affidamento diretto in affidamento diretto, si è arrivati fino all’appalto del 2013, vinto ancora dalle due imprese. Ora l’Ama, prima di firmare il contratto, ha revocato il servizio. Lo gestirà in proprio e, intanto, bandirà una gara per l’acquisto di altri cassonetti. Che arriveranno solo a primavera 2016. Nel frattempo, chi a Roma vuole fare beneficenza dovrà rivolgersi altrove.