Il Sole 16.11.15
Dopo Parigi
L’esame di maturità del premier
di Lina Palmerini
È arrivato il tempo dell’esame di maturità per Renzi. Se finora ha potuto contare su un quadro interno e internazionale piuttosto favorevole e su una congiuntura aiutata da una serie di fattori positivi – dalle decisioni della Bce al prezzo del petrolio – dopo gli attentati di Parigi la strada diventa meno liscia.
Gli era stato perfino rimproverato. Come se governare in quelle condizioni fosse una prova più semplice, un gioco da ragazzi, visto che a sminare il campo minato ci aveva pensato in gran parte Mario Draghi. E dunque tutti i vantaggi del quantitative easing, i riflessi sul cambio con il dollaro e il prezzo del petrolio, erano quel vento che consentiva a Renzi di governare facile, più facile che i governi precedenti Monti e Letta. Osservazioni solo in parte giuste visto che comunque il Governo ci ha messo del suo realizzando riforme che i due precedenti Esecutivi non erano riusciti a centrare: parliamo del Jobs act, della riforma del Senato o della Pubblica amministrazione.
È vero però che i fattori esterni sono stati decisivi in quel piccolo movimento del Pil verso l’alto. Non solo. Anche la crisi della Grecia e il fenomeno migratorio - che in una prima fase aveva investito l’Italia – si sono poi trasformati in un boomerang positivo per noi: perché è passata una linea di allentamento sulle regole dell’austerity e perché l’ondata dei migranti ha investito anche i Paesi del Nord Europa. Ma ora, dopo i fatti di Parigi questo scenario subisce un rovescio, nuovi rischi si affacciano e minacciano di investire direttamente il Governo sul piano interno.
Innanzitutto perché la prova che aspetta Renzi riguarda la sicurezza nazionale, una priorità più sentita perfino dell’economia. L’incubo del terrorismo fondamentalista, la concomitanza con il Giubileo, sono già entrati nell’attenzione dei cittadini e nelle polemiche interne con l’opposizione. E dunque il primo test di maturità è sulla capacità di reggere un appuntamento così importante sotto il profilo organizzativo e della tutela degli italiani. E dunque questo è il primo fronte su cui Renzi è sotto pressione anche perché sa di avere nel ministro dell’Interno un punto debole, molto esposto alle critiche delle opposizioni e talvolta anche della maggioranza. E infatti già ieri il Governo ha fatto sapere che si stanno cercando finanziamenti aggiuntivi da mettere nel settore della sicurezza.
Ma se il ministero dell’Interno è la prima spina del premier, subito dopo viene l’economia. Sulla ripresa ha investito molto, quasi tutto, visto che ha messo in gioco la stessa identità del Pd riproponendo temi che erano stati del centro-destra berlusconiano: dall’abolizione della Tasi all’innalzamento della soglia del contante a 3mila euro su cui ci sarà battaglia in Parlamento. Bene, la nuova minaccia del terrorismo e soprattutto le possibili ripercussioni sul quadro internazionale con nuovi fronti di guerra in Siria, rischiano di dare un colpo di freno all’economia globale. E infatti c’è molta attesa sulla seduta di oggi delle Borse. Inoltre gli ultimi dati sul Pil segnano una frenata (0,2% sullo 0,3% atteso) e in particolare nel settore dell’export, il traino della nostra economia. È chiaro che l’accendersi di nuovi focolai internazionali potrebbe raffreddare ulteriormente questo dato e mettere in discussione la scommessa più forte che Renzi ha messo sul tavolo: quell’1,6% di crescita per il prossimo anno. Il numero magico per vincere la sfida delle comunali.