Repubblica 12.11.15
La prudenza di Renzi: “Ora sarà Enzo a chiarire”
di Goffredo De Marchis
ROMA «Credo che De Luca ne uscirà». Quel “credo” evidenzia tutta la prudenza con la quale Matteo Renzi ha intenzione di affrontare l’inchiesta che coinvolge il governatore della Campania. Ed è solo il segnale più lampante della cautela che il premier imprime alla linea del Pd. Ci sono altre spie. Il comunicato del partito che cambia nel giro di pochi minuti: prima una blindatura di De Luca, poi le parole sul garantismo, sul rispetto del lavoro della magistratura e infine la richiesta di continuare a lavorare per il bene della Regione. Non ci si può certo permettere un Marino bis nel senso di ripetere la spirale per cui un eletto del Pd invece di fare il lavoro per cui è stato votato, s’infila i panni del martire o della vittima di un’ingiustizia e va avanti così per settimane, mesi.
Dunque a Largo del Nazareno e a Palazzo Chigi prevale il giudizio sospeso. Il governatore viene difeso e invitato ad «andare avanti», ma in attesa degli sviluppi dell’indagine. Pesa moltissimo il fatto che gli avvisi di garanzia siano partiti dalla Procura di Roma. La Procura retta da Giuseppe Pignatone che, come dicono fonti del governo, non è «un tipo incauto». Perciò Renzi aspetta di capire meglio. Il responsabile Giustizia del Pd Davide Ermini, molto vicino al segretario, fa sapere ai deputati vicini a De Luca che il partito non scaricherà il governatore. «Vediamo che succede, non è chiaro il quadro. State tranquilli», è il messaggio consegnato da Ermini. Però il governatore faccia il governatore, pensi a Bagnoli e alla Terra dei fuochi. Come dire: non lanci crociate, non sfidi il mondo intero.
L’imbarazzo rimane. Qualcuno dice che una storia nata male (la scelta di De Luca sotto la scure della legge Severino) è difficile da raddrizzare in corso d’opera. La preoccupazione espressa da Andrea Orlando non rasserena il circolo renziano: «Per quello che si capisce si tratta di una vicenda non particolarmente esaltante, ma sarei cauto nel trarre delle conclusioni perché siamo ai primi indizi ». Ovviamente, il cruccio del ministro della Giustizia riguarda soprattutto il coinvolgimento di un magistrato, episodio che segue solo di qualche giorno la vicenda che ha coinvolto a Palermo la giudice Silvana Saguto. Ma Orlando è stato a lungo commissario del Pd a Napoli, ha ancora le antenne in Campania per sapere se esiste anche un problema politico. Quindi le sue parole vengono lette con un certo panico.
Così si decide che nessun diri- gente di primo livello si esponga con dichiarazioni personali. Ufficialmente Renzi, a Malta per il vertice sulle migrazioni, tace. Il comunicato del Pd non è firmato. Non compaiono i nomi né di Debora Serracchiani né di Lorenzo Guerini, i vicesegretari.
C’è il timore che la vicenda, nel caso di tempi lunghi, faccia sentire i suoi effetti sulle amministrative di giugno. Già Mafia capitale ebbe qualche riflesso sul risultato non brillante in alcune regioni del Nord lo scorso maggio. Anche stavolta si vota a Torino, a Milano dove il Pd è chiamato a giocare la sua partita senza certezze di vittoria. Poi, naturalmente, si vota anche a Napoli con l’incognita della candidatura di Antonio Bassolino, arcinemico di De Luca. Per questo, il caso va chiuso in fretta in una direzione o nell’altra. Con la convinzione, dicono a Palazzo Chigi, che il governatore dimostrerà di essere davvero parte lesa nel tentativo di ricatto.
La minoranza del Pd però affila le sue armi. Miguel Gotor, dileggiato da De Luca per il suo cognome esotico («pensavo fosse un ballerino di flamenco o un tanguero»), si concentra sulle responsabilità di Renzi. «Se il segretario avesse aggiornato il codice etico del Pd alla luce della Severino De Luca non sarebbe mai stato candidato. Questa è una colpa», dice. Invece, sostiene Gotor, il Pd preferì scomettere sull’ex sindaco di Salerno «convinto che avrebbe stravinto le elezioni». Non è andata così, secondo il senatore bersaniano. «Abbiamo scoperto che alla fine la vittoria è arrivata soltanto grazie alle due liste di impresentabili trasfughi della destra. De Luca purtroppo è il primo frutto del partito della Nazione, del partito dei trasformismi».