martedì 10 novembre 2015

La Stampa 9.11.15
Orfini: la nuova Sinistra? Salottieri e votati a essere minoritari
“E a destra réunion di vecchie glorie incapaci, che già hanno fallito”
di Francesca Schianchi


Oggi è un bel giorno per il Pd».
Perché, presidente Orfini?
«Il weekend ha dimostrato ancora una volta che c’è una sola forza politica che vuole risolvere i problemi degli italiani: noi. Intorno, c’è solo chi parla alla pancia del Paese con parole di rancore e rabbia: quella di Bologna m’è sembrata una réunion di vecchie glorie che hanno già fallito la prova del governo».
Vecchie glorie anche Salvini e la Meloni?
«E’ complicato definire qualcosa di nuovo la Lega, o la Meloni che è stata ministro. E’ gente che ha già provato a governare ed è stata cacciata dagli italiani per manifesta incapacità».
Chi è il leader di quell’area, Salvini o Berlusconi?
«Quel che so è che il Milan stava andando bene, poi loro hanno visto la partita insieme e s’è interrotta la serie positiva: da milanista li diffiderei dal rivedersi… Per il resto, sono due facce della stessa medaglia: una storia già nota che non ha più nulla da dare al Paese».
Questo weekend però è nata anche Sinistra italiana…
«A quanto pare».
Non è preoccupato dell’emorragia continua di vostri eletti?
«Alcuni dei fuoriusciti sono amici, e quindi mi dispiace. Ma ritengo abbiano fatto un errore grave, è una scelta fuori dalla nostra e loro cultura politica».
Cosa intende dire?
«Dicono di ispirarsi a Berlinguer: ma nella tradizione del Pci non c’è mai stata una vocazione al minoritarismo radicale, né alla divisione delle forze della sinistra. Sabato hanno speso più tempo a criticare il Pd della destra, una confusione culturale e politica dalla quale spero possano presto riprendersi».
Il problema è che, denunciano, la sinistra nel Pd sta sparendo.
«Ma chi lo decide? Sinistra è rappresentare la parte più debole del Paese, e il Pd lo sta facendo, come racconta l’analisi dei flussi elettorali. Se poi la patente di sinistra devono darla esperti come Settis, Zagrebelsky, Rodotà, i professionisti del ditino alzato, allora mi arrendo. Ma ricordo che quando la sinistra ha dato retta a quella visione, i ceti popolari si sono voltati dall’altra parte. Sinistra italiana è l’ennesima riedizione della sinistra salottiera».
A sentire loro, veramente, siete voi i liberisti alla Happy Days…
«A parte che non capisco il nesso tra Happy Days e il liberismo, ma Happy Days era allegro e divertente. Perché la sinistra dev’essere triste e cupa?».
Ma la legge di stabilità va bene? E’ abbastanza di sinistra?
«Ci sono tante cose positive, ma credo che in Parlamento la si debba migliorare su alcuni punti sociali sensibili, dalle politiche per la casa agli investimenti che producono lavoro. Obiettivi che si possono raggiungere solo ponendoli dentro al Pd».
Se Sinistra italiana alle amministrative non si allea con voi, non rischiate di perdere?
«Non si vince con gli accordi di ceto politico, ma con candidature e progetti di governo. Con questa sinistra governiamo in molte città: se ora, per dinamiche nazionali, vogliono rompere quelle territoriali che stanno funzionando, se ne assumeranno la responsabilità di fronte agli elettori».
Soddisfatto della disponibilità a candidarsi di Sala a Milano?
«E’ una persona seria e autorevole, la sua è una disponibilità importante».
State diventando il partito dei manager e dei prefetti?
«Assolutamente no, anzi abbiamo chiuso la stagione fallimentare dei governi tecnici. Su Sala decideranno i milanesi, ma certo è una personalità che ha dimostrato capacità di gestione e sensibilità istituzionale. Quella di Roma è stata una scelta politica che produce un passaggio commissariale per legge».
A Roma chi candiderete?
«Di primarie e candidature se ne parlerà da gennaio».
Ha più sentito Marino?
«No».
C’è qualcosa di quella vicenda che, potendo tornare indietro, farebbe diversamente?
«Ci ho pensato molto. Ma no, rifarei quel che ho fatto: ho cercato di raddrizzare una situazione messa malissimo, ma il salto di qualità dell’azione amministrativa non è arrivato».