domenica 29 novembre 2015

La Stampa 29.11.15
Merkel vuole “punire” i Paesi dell’Est Europa per la crisi dei profughi
Pugno duro della Cancelliera che punta a una riduzione dei fondi strutturali Ue per gli Stati che non applicano le quote
di Tonia Mastrobuoni


Nel discorso al Bundestag, giovedì scorso, era sembrata una minaccia. Angela Merkel aveva detto che la sopravvivenza di Schengen dipende dalla corretta applicazione delle quote Ue per i rifugiati. «Una distribuzione solidale dei profughi», aveva scandito in Parlamento, «non è un dettaglio secondario: riguarda la questione se lo spazio Schengen potrà sopravvivere». Nei giorni successivi, varie fonti vicine alla cancelliera hanno tentato di sminare la pericolosa correlazione, smentendo che si trattasse di una minaccia. Ma alla vigilia del vertice di oggi con la Turchia, alcuni media tedeschi hanno parlato di un’irritazione talmente alle stelle che Merkel starebbe cercando meccanismi finanziari per «punire» i Paesi dell’Est Europa, notoriamente riottosi ad accogliere profughi.
Budget ridotto
L’arma per colpire l’Ungheria, la Polonia e gli altri partner che si sono mostrati particolarmente ingenerosi potrebbero essere i tre miliardi di euro promessi dalla Ue alla Turchia proprio per governare l’enorme flusso di profughi. Secondo indiscrezioni, i tedeschi starebbero insistendo per attingere al budget europeo; la Commissione europea insiste per prendere solo 500 milioni da lì e ricavare il resto in base al solito meccanismo delle quote (alla Germania spetterebbe di sborsare 540 milioni, al Regno Unito 420 milioni eccetera). Berlino insiste, invece, per prendere tutta la somma dal budget: significherebbe ridurre molti fondi strutturali destinati in buona parte ai Paesi dell’Est.
La sfida interna
Intanto la cancelliera continua a fare i conti con le polemiche interne sui rifugiati, anche se i flussi provenienti dai Balcani sono rallentati molto a causa dell’inverno. Fa molto discutere una notizia anticipata da «Spiegel» secondo cui la Cdu potrebbe decidere al congresso di metà dicembre di assumere nel proprio programma un «obbligo di integrazione» per tutti i migranti. Il partito di Angela Merkel proporrebbe l’obbligo per chi vuole venire a vivere in Germania di accettare la parità tra uomo e donna, di riconoscere la superiorità delle leggi tedesche rispetto alla sharia, di non accettare la discriminazione di donne, omosessuali e appartenenti ad altre religioni e di riconoscere l’esistenza di Israele. Nel caso i migranti violassero uno di questi principi, la Cdu suggerirebbe di tagliare gli aiuti sociali o di togliere il permesso di soggiorno.
Il nodo turco
L’altro nodo cruciale per Merkel resta la Turchia. I passi falsi mostruosi di Ankara come l’abbattimento dell’aereo russo o l’arresto di due giornalisti alla vigilia del summit hanno reso ancora più freddi i partner europei e più complessa la mediazione tedesca. Oggi Berlino avrebbe voluto ottenere dai partner Ue una dichiarazione già esplicita sull’attuazione del piano di azione per la Turchia, sui tre miliardi promessi a settembre, invece dovrà accontentarsi di una dichiarazione politica. Il vertice, cui parteciperà il premier Ahmed Davutoglu, potrebbe impegnarsi in maniera generica a realizzare progressi sul fronte dell’adesione alla Ue, della liberalizzazione dei visti e della creazione di un contingente per i profughi. Merkel non è entusiasta all’idea di mediare con un Paese così difficile, ma non ha alternative. La sua linea è molto chiara: niente limiti ai profughi che vogliono venire in Germania, ma è ovvio che occorra governarne i flussi verso l’Europa. E la Turchia, come ha ribadito miriadi di volte, è un Paese chiave. Al di là dei passi falsi di Erdogan, Merkel continuerà a sostenerlo anche organizzando nei prossimi tempi dei vertici bilaterali.