giovedì 26 novembre 2015

La Stampa 26.11.15
Quel groviglio di interessi e jet che affolla i cieli della Siria
In volo apparecchi di 14 nazioni con missioni spesso contrapposte
di Maurizio Molinari


Lo spazio aereo siriano è congestionato dalle operazioni militari condotte da 14 nazioni di coalizioni differenti che realizzano missioni a volte congiunte ma spesso contrapposte se non in lampante contrasto. Quanto avviene nei cieli descrive il groviglio di interessi nazionali che rende possibili incidenti gravi come l’abbattimento del Sukhoi russo da degli F-16 turchi.
L’aviazione di Damasco
Ciò che resta dell’aviazione di Bashar al Assad opera dalle basi attorno a Damasco. Si tratta di Mig di fabbricazione russa impiegati contro unità ribelli e aree civili considerate nemiche in missioni di bombardamento con il lancio di barili di esplosivo che causano numerose vittime. Per il regime l’aviazione è una sorte di artiglieria dall’aria.
I Sukhoi russi
Dalla principale base aerea, Khmeimim a Latakia, gli squadroni di jet Su-27S e Su-30, e di bombardieri tattici Su-34 e Su-24, decollano per colpire obiettivi nelle provincie di Idlib, Homs, Hama e la stessa Latakia al fine di aprire la strada alle forze di terra siriana. Il posizionamento a Khmeimim dei missili terra-aria S-400 consente di avere un ombrello aereo sull’intera Siria del Nord-Ovest rendendo proibitive lo svolgimento di operazioni di altri Paesi. Gli S-400 proteggono la raccolta di intelligence con droni e anche aerei simili a quello abbattuto.
Il ponte aereo dell’Iran
I comandi iraniani gestiscono un ponte aereo militare da Teheran verso Damasco e Latakia. Sono aerei quasi sempre civili a portare truppe e uomini dislocate a difesa della capitale o in sostegno dell’esercito siriano. Gli spostamenti di velivoli avvengono usando le rotte civili che attraversano il territorio iracheno.
Le operazioni Usa
Le zona di operazioni americana è l’intera Siria ma si concentra nel Nord-Est. A-10, AC-130 «Spectre», F-22. F-15C, F-15Es, bombardieri B-1 e un’infinità di tipi di droni decollano da Turchia, Giordania, Qatar e dalle portaerei per colpire obiettivi di Isis. Il numero delle missioni concluse senza attacchi è scesa da settembre dal 75 al 50 per cento perché è migliorato l’uso di unità di ribelli curdi e arabi nell’identificazione degli obiettivi nell’area di Raqqa e lungo le vie di comunicazione. Assieme agli Usa operano gli aerei francesi, canadesi ed australiani. I britannici svolgono per ora solo ricognizione. La settimana fra il 10 e il 17 novembre ha visto sganciare un numero record di bombe. Nella base turca di Djarbaikir gli Usa hanno la forza di estrazione rapida per soccorrere i piloti in zona nemica.
Il ruolo dei Paesi sunniti
Giordania, Qatar, Bahrein e Arabia Saudita decollano dalle rispettive basi per colpire obiettivi nell’area di Raqqa. La coalizione sfrutta i loro piloti per colpire obiettivi simbolo del Califfato. A Riad vi sono incertezze e malumori sull’efficacia degli attacchi: spesso gli aerei sauditi restano a terra.
La Turchia contro i curdi
Gli F-15 che decollano dalle basi nella Turchia del Sud cercano obiettivi della guerriglia curda e, più raramente, di Isis. Lungo la frontiera con la Siria i jet raccolgono intelligence sui movimenti di truppe considerate ostili ad Ankara, a cominciare da unità siriane e russe. La presenza degli S-400 russi è destinata ad ostacolare questo tipo di ricognizione.
Israele sul Golan
Gli F-15 israeliani operano nell’area delle Alture del Golan, lungo i confini libanesi-siriani e a ridosso dell’aeroporto di Damasco. Sono i droni a cercare obiettivi Hezbollah o iraniani da colpire per impedire che si avvicinino alle frontiere di Israele. Dall’inizio dell’intervento russo, Israele ha effettuato almeno cinque raid sfruttando una linea rossa di comunicazione con i comandi russi per evitare il rischio di incidenti. Israele dispone di un simile coordinamento anche con le forze americane.