La Stampa 25.11.15
Processati con le leggi del 1929
Come funziona la giustizia in Vaticano?
Anche in Vaticano ci sono tre gradi di giudizio: giudice unico o Tribunale, a seconda dell’entità dei reati, per la prima istanza; Corte d’Appello; Corte di Cassazione. In caso di custodia cautelare questa non può superare i 50 giorni, rinnovabili di altri 50 in casi complessi. Nel caso di condanna a una pena detentiva la Segreteria di Stato vaticana può chiedere allo Stato che la pena venga scontata in un carcere italiano, in base alle disposizioni dei Patti lateranensi.
Che ruolo ha il Papa?
«Il Papa può intervenire in qualunque momento del processo. Di solito, infatti, il Pontefice aspetta la conclusione del processo, com’è stato, per esempio, con il maggiordomo Paolo Gabriele, graziato da Benedetto XVI, ma solo al termine dell’iter giudiziario».
Quali i poteri del pm?
«L’azione giudiziaria viene condotta dal promotore di giustizia che è attualmente Gian Piero Milano. Avvocato, professore di diritto canonico ed ecclesiastico all’università Tor Vergata di Roma, Milano era stato chiamato all’incarico da Francesco. Il Promotore di giustizia corrisponde al pubblico ministero. Con una eccezione: per i reati meno gravi, infatti, può decidere autonomamente il rinvio a giudizio.
Un sistema antiquato?
La giustizia si rifà in molte parti al processo italiano com’era quasi un secolo fa al momento della firma dei Patti Lateranensi del 1929. Come stabilisce infatti la Legge sulle fonti del diritto, firmata da Benedetto XVI nel 2008, il codice di diritto penale italiano, promulgato nel 1889 e quello di procedura penale (in vigore in Italia dal 1913 al 1930) sono i testi ai quali attinge il diritto dei tribunali in Vaticano. Un’impostazione che si è andata via via aggiornando, con le stesse modifiche di Benedetto XVI e con il Motu proprio di papa Francesco datato 11 luglio 2013. Se dunque il processo nel suo complesso resta sostanzialmente uguale, mutano però quegli strumenti che consentono una maggiore cooperazione internazionale