La Stampa 25.11.15
Come salvare la coalizione anti-Isis
di Stefano Stefanini
L’abbattimento del Sukhoi Su-24 da parte della contraerea turca non ha nulla a che vedere con le criticità del rapporto fra Occidente e Russia, che restano ma riguardano Ucraina e tenuta delle sanzioni. Ha tutto a che vedere con i rischi di operazioni militari contigue che non comunicano sufficientemente fra loro. Ha molto a che vedere con il paradosso siriano, dove il nemico è stato identificato nello Stato Islamico ma si diffida degli amici e le alleanze sono nebulose e sdrucciolevoli. Ha anche a che vedere con le divergenze fra Ankara e Mosca sulla Siria; i turchi restano avversi al ripescaggio, anche temporaneo, di Assad nel negoziato sul futuro della Siria.
Era quanto i militari temevano: non si può combattere nello stesso spazio senza chiarezza strategica. Bisogna adesso raccogliere i cocci. E prevenire altri incidenti in futuro.
L’abbattimento non mette il chiodo sulla bara di un’alleanza con Mosca in Siria. La rende però più aleatoria. Non basta più portare a bordo la Russia; occorre che vi rimanga Ankara. Nel fare piani per la Siria, politici e militari, bisogna fare i conti con l’oste turco. Questo vale anche per attori regionali, come Iran o Arabia Saudita.
Non sono in grado d’imporre la soluzione della crisi (hanno cercato di farlo, bloccandosi fra loro) ma la possono sabotare. Sono finiti i tempi in cui Washington, Mosca e qualche capitale europea potevano decidere le sorti di un pezzo di Medio Oriente.
Mosca e Ankara hanno finora evitato d’infiammare troppo la retorica. Invitare i cittadini russi a non recarsi in Turchia, come ha detto Lavrov, è una rappresaglia turistica pesante ma priva di accenti bellicosi. Nessuno ha parlato di atto di aggressione o di guerra. Illuminante la frase di Putin: «Una pugnalata nella schiena». Tradotta, il Cremlino accusa Erdogan di voler tagliare l’erba sotto i piedi alla Russia in Siria. Ankara risponde che è tutta questione d’integrità territoriale su un confine in stato di guerra.
Presi alla sprovvista, Obama e Hollande hanno navigato a vista. Nella conferenza stampa congiunta a Washington poche ore dopo l’incidente, hanno ignorato i cieli della Turchia. Alla ricerca della grande coalizione, Hollande ha avuto generiche parole di simpatia per Ankara. Entrambi hanno parlato della necessità di sigillare il confine terrestre turco-siriano.
I due Presidenti sono poi stati costretti ad affrontare le inevitabili domande. Le risposte sono state più banali che evasive. E’ stata mantenuta la rotta: Mosca è benvenuta nell’alleanza contro Isis, a condizione che non cerchi semplicemente di rimettere al potere Assad. La Turchia ha il diritto di difendere il proprio territorio. Non abbiamo informazioni sullo spazio aereo; le aspettiamo da Turchia e Russia. Nulla che potesse offendere o Mosca o Ankara. Era chiarissimo l’intento di limitare i danni e di non farsi dirottare dall’obiettivo di un’alleanza anti-Isis comprendente la Russia - e la Turchia.
Gli interrogativi sulla sorte dei due piloti accrescono il risentimento russo e ricordano tristemente che questa è una guerra combattuta senza regole. Non c’è Convenzione di Ginevra. Per i militari che scendono in campo non c’è rete di sicurezza.
I russi sono furiosi. Da parte turca, l’avviso a non violare lo spazio aereo era ripetuto e inequivocabile. In quell’angolo del mondo convergono Turchia, Siria e Iran: le linee sulla carta geografica non sono uno scherzo. Ma il margine d’errore è sempre in agguato e opinabile, specie in cielo. I militari lo sanno bene. Sarà difficile sapere in quale spazio aereo sia stato colpito il Sukhoi Su-24.
I rapporti fra Ankara e Mosca precipitano ora al nadir. Putin e Erdogan hanno forti vincoli di opinione pubblica e di sentimento nazionale. Sono anche spregiudicatamente realisti. I due Paesi restano indispensabili alla coalizione e alla futura soluzione politica per la Siria. Se si riuscirà a conciliarne le rispettive esigenze la nascente coalizione anti-Isis può sopravvivere. Hollande e Obama hanno mostrato di crederlo e di volerlo - non che avessero molta scelta.
La Nato si è riunita ieri su richiesta turca. Sono consultazioni politiche, non c’è alcun intervento militare in agenda. Mosca non ha motivo di preoccuparsi. Era tempo: le minacce alla sicurezza in Europa vengono anche dal Medio Oriente - Parigi docet. E sarebbe tempo forse che se ne parlasse anche nel Consiglio Nato-Russia. Altrimenti cosa ci sta a fare? Non era forse previsto che funzionasse «nel bello come nel cattivo tempo»?