La Stampa 25.11.15
A Mosca si scatena l’orgoglio nazionale
“Non dimenticare, non perdonare”
di Anna Zafesova
«Udar v spinu», letteralmente colpo alla schiena: così Vladimir Putin reagisce all’abbattimento del caccia russo Su-24 da parte della Turchia, e in poche ore diventa la parola d’ordine. E’ l’hashtag del momento sul Twitter russo, e il TG del Primo canale apre con queste parole alle spalle del conduttore. È la frase sui manifesti dei moscoviti venuti ieri sera a protestare all’ambasciata turca, insieme a cartelli come «Assassini», «Complici dell’Isis», «Non dimenticare, non perdonare» e «La vendetta sarà inesorabile». La Turchia, uno dei Paesi più vicini alla Russia – primo fornitore, dopo la fine del comunismo, di beni di consumo, prima destinazione vacanziera oltre la cortina di ferro, con i cantieri della Mosca neocapitalista monopolizzati dai turchi – diventa in un giorno il nemico numero uno.
Il ministero della Difesa ha già sospeso la cooperazione militare con Ankara, ordinato all’incrociatore Moskva di «colpire ogni minaccia potenziale» in Siria, e scortare i bombardieri con i caccia.
Guerra economica
Il Comitato per il turismo ha proibito la vendita di tour per Antalya e dintorni. La Russia ribolle di rabbia. La campagna «Io non vado in vacanza in Turchia» ha visto l’alleanza inedita tra sostenitori del governo e oppositori. I due capi della propaganda, l’anchorman Dmitry Kiseliov e la direttrice della tv internazionale RT Margarita Simonyan, hanno chiesto l’embargo commerciale contro Erdogan, sostenuti dai due terzi degli interrogati nei sondaggi lampo, mentre sui social network fioccano foto di pomodori «Made in Turkey». La Turchia è un fornitore cruciale per la Russia, soprattutto dopo le contro-sanzioni sugli alimentari occidentali, ma l’orgoglio nazionale prevale, e voci alla Duma chiedono l’interruzione dei collegamenti aerei e dei rapporti diplomatici. L’orientalista Evgheny Satanovsky, presidente dell’istituto del Medio Oriente, vuole «terra bruciata» per vendicare i piloti russi uccisi. Si tocca anche l’intoccabile, e Kiseliov propone la chiusura di Turkish Stream, il gasdotto che fino a poche settimane fa Mosca considerava strategico.
Antiche rivalità
Niente gas, niente turisti, niente frutta e verdura: il colpo per la Russia sarà pesante quanto per la Turchia, ma l’opinione pubblica ormai abituata a sfoggi da grande potenza di un leader che non ammette sconfitte è disposta a pagare il prezzo. I rancori storici stanno riaffiorando con una rapidità sorprendente, e c’è chi già rievoca la presa di Constantinopoli (all’epoca Bisanzio) da parte dei principi della Russi e le guerre contro l’impero Ottomano per il Caucaso, i Balcani e la Crimea (dove Erdogan ha appoggiato i correligionari tartari contro Mosca). Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha ribadito che «il presidente non ha parlato di reazione militare». Ma il suo popolo chiede sangue.