La Stampa 24.11.15
Elsa Morante, scrittrice senza padri
(ma forse con una madre)
Moriva 30 anni fa, tre volumi ne indagano il mistero
di Paolo Di Paolo
Chi sono i padri di Elsa Morante? C’è un interrogativo strettamente biografico di cui si occupa, a trent’anni della morte della scrittrice (25 novembre 1985), Sandra Petrignani nelle pagine di Elsina e il grande segreto, appena uscito per Rrose Sélavy e fresco vincitore del Premio Morante (pp. 40, € 14). Le belle illustrazioni di Gianni De Conno accompagnano un racconto - un po’ per bambini, un po’ per adulti - che scava nell’infanzia di questa grande visionaria della scrittura. E rievoca la folla di cani e soprattutto gatti amatissimi, una mamma - Irma - che forse somiglia a Ida del romanzo La Storia, e due padri: uno naturale, Francesco Lo Monaco, impiegato alle Poste, e l’altro, a cui Elsa rubò il cognome. Le pareva che Morante fosse più adatto a una scrittrice. E lei, fin da bambina, era certa di diventarlo, come dimostrano i suoi quadernetti già romanzeschi e come Petrignani racconta.
Fantasiosa, pestifera, prepotente Elsina, ricca a parole e senza padri letterari. Perché l’altro punto è questo: da dove viene, una così? Impossibile trovarle antenati ideali, ascendenze - salvo forse il venerato Rimbaud a cui lei stessa accosta l’ispirazione febbrile, estremista. In coda al manoscritto di Menzogna e sortilegio si rivolge a sé stessa in questi termini: «Cara Elsa, siamo intesi: copiare il libro, e poi basta, morire. Quel che ti resterebbe da fare dopo non sarebbe che mortificazione e scherno. Allora promesso eh? Affettuosamente, Elsa».
C’è da studiarla ancora parecchio, e un ottimo viatico è il volume collettaneo Morante la luminosa (Iacobelli, pp. 216, € 14,90): da Dacia Maraini a Maria Rosa Cutrufelli a Elena Stancanelli, scrittrici e studiose mettono piede nell’officina Morante, per pescarne parole feticcio come «specchio», «illuminare», o per verificare influenze. E se il grande padre di Morante fosse una madre, o una sorella speciale? Simone Weil è il nome che lampeggia in diversi saggi. Approfondisce il possibile legame anche lo studio di Angela Borghesi, Una storia invisibile. Morante Ortese Weil (Quodlibet, pp. 192, € 18): attraverso il confronto con Weil, Morante sarebbe tornata all’Iliade, facendone il modello segreto della Storia.
L’indizio non fa che accrescere il mistero della genesi delle sue opere, sempre in bilico tra urlo e bisbiglio, tra pianto e riso convulso, con la potenza di sentimento di chi, senza trovarlo, cerca «il riposo del cuore». Morante scriveva - sono parole sue - da una distanza che pareggia i vivi e i morti, e dunque i pieni e i vuoti: come una mistica della letteratura. Senza padri, fratelli né figli.