martedì 24 novembre 2015

il manifesto 24.11.15
«Una nuova Muraglia di Difesa contro i palestinesi»
Israele/Territori occupati. I ministri della destra radicale e i coloni invocano una operazione militare in Cisgiordania ampia e distruttiva come quella del 2002 per piegare i palestinesi e per impedire che sia preso in considerazione un nuovo ritiro unilaterale di Israele.
di Michele Giorgio


GERUSALEMME Una nuova “Muraglia di Difesa 2″. Ad invocare una seconda vasta operazione militare come quella del 2002, all’interno dei centri abitati palestinesi, in particolare nel sud della Cisgiordania, sono i coloni, i ministri della destra più estrema e anche qualche esponente del centrosinistra, in risposta all’intensificarsi degli attacchi individuali compiuti da palestinesi, spesso appena adolescenti. La nuova fiammata dell’Intifada di Gerusalemme registrata in questi ultimi giorni dice che le misure punitive adottate dal governo israeliano non fermano la nuova rivolta palestinese contro l’occupazione. E a poco serviranno, si prevede, gli ulteriori provvedimenti annunciati ieri da Benyamin Netanyahu: saranno negati i permessi di lavoro in Israele per i congiunti degli attentatori e gli autoveicoli palestinesi saranno perquisiti prima del loro ingresso nelle maggiori strade della Cisgiordania dove circolano anche gli automezzi dei coloni. Il primo ministro ha anche dato il via libera a raid dell’Esercito in villaggi e città palestinesi. La soluzione però è politica, non repressiva, ma il governo in carica continua ad escluderla, per salvaguardare la colonizzazione, capitolo centrale del suo programma.
Negli ultimi giorni sono morti quattro israeliani in attacchi quasi sempre all’arma bianca. Ieri e domenica, in particolare, sono stati uccisi un soldato, Zvi Mizrachi, 19 anni, a una stazione di rifornimento sulla superstrada 443, e domenica una giovane, Hadar Buchris, 21 anni, nei pressi delle colonie di Etzion. Il palestinese, responsabile dell’uccisione del militare è stato ucciso sul posto dagli spari di altri soldati. Si chiamava Jamal Taha, di Qutna (Ramallah) ed aveva appena 16 anni. Giovanissime sono anche le due cugine del campo profughi di Qalandiya, Hadeel Awad, 16 anni, e Norhan Awad, 14 anni, che ieri, nella zona del mercato ebraico di Mahane Yehuda, hanno accoltellato un palestinese 70enne di Betlemme evidentamente scambiato per un israeliano. La prima è stata uccisa da agenti di polizia. La seconda è stata ferita.
«Non c’è alternativa a una nuova operazione Muraglia di Difesa. Nel 2002 siamo andati nelle città e nei villaggi palestinesi e li abbiamo ripuliti. Poi il terrore è sceso del 80%», ha esortato il ministro Naftali Bennett, leader di Casa ebraica (il partito dei coloni). A distanza di 13 anni nessun adulto palestinese ha dimenticato “Muraglia di Difesa”, quando, nel pieno della seconda Intifada, il primo ministro Ariel Sharon ordinò di rioccupare le città autonome palestinesi lasciate dall’esercito israeliano nel biennio 1994–95, dopo la firma degli accordi di Oslo. Gli uccisi, non pochi dei quali durante combattimenti, furono diverse centinaia, quasi tutti palestinesi. I carri armati Merkava israeliani si lasciarono dietro una scia di morti, feriti e distruzioni immense evacuando, dopo settimane, Ramallah, Nablus e Betlemme. A Jenin fu distrutto in buona parte il campo profughi da dove, secondo l’intelligence israeliana, partivano i kamikaze palestinesi.
Per Bennett una nuova “Muraglia di difesa” serve anche ad impedire che Netanyahu prenda in considerazione l’eventualità di un “Ridispiegamento 2″, ossia di un ritiro unilaterale di Israele (da porzioni, ovviamente) della Cisgiordania sull’esempio di quanto fece nel 2005 Ariel Sharon che evacuò da Gaza soldati e coloni. Il premier in pubblico ha sempre escluso questa opzione ma sembra avere avuto un ripensamento. Bennett, con una metafora piuttosto forte, criticata anche a destra, sostiene di aver «sparato un proiettile in mezzo agli occhi» di Netanyahu. Dice di aver bloccato l’intenzione, espressa due settimane fa dal premier al Center for American Progress di Washington, di poter valutare una nuova mossa unilaterale di Israele. «Intorno a questa ipotesi si è fatto molto rumore ma la verità è che Netanyahu non ha alcuna volontà di compiere un passo del genere», ha detto al manifesto Shlomo Brom, un analista dell’Istituto per la sicurezza nazionale di Tel Aviv (Inss). «Una buona fetta di israeliani — ha aggiunto Brom — si rende conto che non si può continuare con l’occupazione (dei Territori) e che occorre separarci dai palestinesi. Tuttavia i vertici della politica e il governo si oppongono al ritiro. Forse sul lungo periodo Netanyahu e i suoi ministri capiranno che non è possibile andare avanti su questa strada, oggi però vanno nella direzione opposta».