martedì 24 novembre 2015

Repubblica 24.11.15
La lite via sms Chaouqui-Balda “Se parli male di me dirò chi sei”
di Corrado Zunino


LE INTERCETTAZIONI / E IL MONSIGNORE SCRIVE AL CRONISTA: “LEI MI VOLEVA GUIDARE COME UN BURATTINO”

ROMA. Nelle mille carte (1.000) che i cinque imputati di Vatileaks 2 possono guardare ma non toccare, e soprattutto fotocopiare, brillano le minacce — pesanti, cattive — di Francesca Immacolata Chaouqui, la “pr” del vaticano, unica donna e unica italiana nominata da Papa Francesco all’interno della commissione di controllo dei conti vaticani, nei confronti di monsignor Lucio Vallejo Balda, il segretario sia della Prefettura degli Affari economici che della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative, la Cosea appunto.
Erano amici, confidenti complici i due, ma a fine luglio, luglio scorso, il rapporto si spezza. Perché? «Lei mi voleva far vivere la vita che intendeva, mi voleva guidare come un burattino». Monsignor Balda confida questo, con un messaggio via Whatsapp, a Gianluigi Nuzzi, il giornalista a cui sta passando l’intero database della commissione vaticana. Ne parlerà anche a cena con alcuni religiosi e quando la Chaouqui lo viene a sapere s’infuria. Di getto, scrive a Balda un messaggio durissimo: «Sei un verme, un povero coglione. Ho cercato di circondarti di amici per elevare il tuo ruolo e la tua figura, ma resti un povero coglione. Sei anche un religioso di m... e non si capisce come hai fatto a prendere i sacramenti». Poi la minaccia, di cui si parla nelle undici pagine della citazione a giudizio del promotore di giustizia: «Se proverai a parlare ancora male di me farò sapere a tutti, pubblicamente, quel mezzo... che sei».
Balda si spaventa, segnala a Nuzzi — con cui ha un rapporto di fiducia, gli spedisce infatti foto delle sue esercitazioni in tenuta mimetica, dei suoi giri alle giostre — la questione e, a voce, gli dirà: «Temo che quelle microspie che mi ha segnalato nel mio ufficio le avesse fatte mettere proprio lei, era il suo modo per farsi sentire sempre più importante, quasi fondamentale per la mia vita».
Era stata proprio Francesca Chaouqui a presentare Nuzzi a Balda, era lei ad avere nella disponibilità password e username della posta elettronica del monsignore di Léon. L’esordio della lunghissima corrispondenza tra il segretario della commissione economica e il giornalista di Retequattro avviene il 9 aprile: Balda invias, sempre per Whatsapp, le foto della cassaforte svaligiata alla Cosea, il secondo di tre furti che ruotano attorno agli uffici delle finanze vaticane nel periodo di Francesco.
Nessuna pressione, si evidenzia, da parte del giornalista (e così non si legge di alcuna pressione su Balda dell’altro giornalista, Emiliano Fittipaldi). Poche settimane e il monsignore offre a Nuzzi il piatto forte: gli invia le prime di 87 password che apriranno al giornalista il mondo Cosea, i suoi sprechi, i lussi vaticani. Le carte sono conservate al torrione della prefettura, e Balda invia le foto dei plichi per dare prova al giornalista. Così il religioso spiega la sua azione: «Vedo troppe cose brutte, c’è una distanza tra il Vangelo e l’azione di molti miei fratelli, devo fare qualcosa».
Nuzzi può entrare nella mail di monsignor Balda e da lì prelevare i documenti riservati e stamparli. Sono stati pochi quelli consegnati a mano, cartacei. Rivela ancora, altro messaggio sul telefono, Balda a Nuzzi: «Da quando Francesco ha voluto la commissione Cosea c’è la corsa di cardinali e monsignori per entrare nella prefettura economica». Vogliono controllare quei lavori che si occuperanno di Ior, riciclaggio in Svizzera, conti criptati. Balda confida al giornalista cose riservate su monsignor Pell, che però non finiranno sul libro. Lo incontrerà più volte, anche all’Ambasciatori Palace di via Veneto. Poi la rottura con la Chaouqui, e la Gendarmeria lo mette nel mirino.