La Stampa 21.11.15
Orfini: il Pd va rivoluzionato dai circoli fino al centro
Il presidente sulle critiche di Richetti al leader: “Dobbiamo essere più coraggiosi per contrastare le degenerazioni, altrimenti prevale il cesarismo locale”, intervista di Carlo Bertini
Certo oggi siamo respingenti più che attraenti, il Pd va rivoluzionato dai circoli fino al centro». Matteo Orfini che del Pd è presidente, non elude le critiche sollevate da Matteo Richetti e annuncia che a gennaio l’assemblea nazionale voterà le modifiche dello statuto elaborate da tutte le anime del partito, che verranno prima discusse nei circoli: per capire se rivoltare da cima a fondo le regole, oppure fare solo un po’ di maquillage sulle primarie.
Il Pd è privo di identità e soffre di rottamazione incompiuta come sostiene Richetti?
«E’ il più grande partito della sinistra europea, membro del Pse e questa è la sua identità, non è certo il partito della Nazione...».
Inteso come taxi per transfughi della destra?
«Esatto, non è questo il modello di un partito di sinistra. Il Pd sta governando l’Italia e la sta portando fuori dalla crisi e il suo segretario è impegnato, con gli alleati, nella sfida molto complessa della lotta al terrorismo. Dopodiché è ovvio che il Pd per come è oggi organizzato non è all’altezza della speranza che ha evocato nel Paese».
Una delle critiche ricorrenti è che Renzi si disinteressa al Pd, si concentra solo sul governo.
«A riconoscere la difficoltà del Pd ad essere all’altezza delle sfide è prima di tutto il segretario: è su suo mandato che stiamo lavorando ad una proposta di modifica della struttura del Pd. Abbiamo due comunità di iscritti ed elettori non omogenee tra loro. Ci sono elettori che ci votano e partecipano alle primarie, ma non ci frequentano, come quei parenti che si evitano tranne il giorno di Natale. Ecco, dobbiamo invogliarli a partecipare. Nei territori il Pd è una struttura che vive sostanzialmente per organizzare la dialettica interna tra le correnti, gestire candidature e lì abbiamo bisogno di un rinnovo radicale delle modalità con cui si fa politica e di passare meno tempo a discutere di fatti nostri».
L’idea di Renzi di tornare in piazza con i banchetti la convince?
«E’ l’abc: quando mi ha chiamato per dire che voleva fare i tavolini gli ho spiegato che noi comunisti li abbiamo sempre chiamati banchetti e che quindi andavano chiamati così, se no non avremmo capito. È un esempio di come stimolare il Pd a non essere introverso».
Partito commissariato in Liguria, in crisi a Roma e in Campania, dilaniato un po’ ovunque. Come farete le amministrative?
«A Roma il Pd si sta risollevando e faremo le primarie. A Napoli il partito è in gravissima difficoltà e dobbiamo reagire con una candidatura di innovazione».
Ve la dovrete vedere con Bassolino però...
«Ancora non sono convocate le primarie, vedremo. Bisogna capire che c’è grande bisogno di cambiamento. Il tema non è renzismo o rottamazione, ma far crescere amministratori capaci e un Pd che sappia innovare sè stesso e la classe dirigente che esprime. Quando un partito perde il rapporto con la sua gente e guarda al proprio ombelico, crescono i fenomeni di cesarismo e autoreferenzialità. Renzi e noi tutti dobbiamo rifiutare compromessi ed essere più coraggiosi nel contrastare queste degenerazioni. E sperimenteremo forme di organizzazione e partecipazione nuove, nazionale e locale».
Renzi cita la Leopolda. Lei ci è mai andato?
«No, ho una forma di resistenza al fatto che si possa fare un ragionamento politico in 5 minuti e non sarei a mio agio. Sicuramente però è una formula che ha aggregato tanta gente».
I sondaggi che danno i 5 stelle vincenti in caso di ballottaggio vi preoccupano?
«Penso ci porteranno bene, li davano vincenti pure alle europee...».