venerdì 13 novembre 2015

La Stampa 13.11.15
Le divisioni tra i vertici Pd e la prudenza del segretario
di Marcello Sorgi


Sul caso De Luca si sta consumando una complicata partita interna al Pd. Dopo l’imbarazzante silenzio che aveva accompagnato le prime notizie dell’inchiesta (solo Esposito, ex assessore di Marino, si era spinto a chiedere che al governatore fosse riservata la stessa sorte del sindaco della Capitale), ieri in rapida successione il ministro di giustizia Orlando e i due vicesegretari Guerini e Serracchiani hanno preso le distanze dal governatore. Prudentemente, è il caso di dire, visto che Renzi non s’è ancora pronunciato.
Ma Guerini e Orlando, per diverse ragioni, erano contro De Luca anche a maggio, nel momento in cui esplose il problema della sua incandidabilità, sollevato dalla presidente dell’Antimafia Rosi Bindi. Se lo sono ancor oggi è per sottolineare che il salvataggio dell’allora candidato e attuale governatore, voluto soprattutto dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Lotti, fu un errore. Per capire quale sarà la linea del Pd, quindi, occorrerà aspettare che si pronunci Renzi, il quale, finora, ha scelto di non parlare per varie ragioni. La prima è che aspetta di capire che piega prenderà l’inchiesta: dalle carte emerge via via un aggravamento delle posizioni dei tre maggiori imputati, il vicesegretario del Pd della Campania ed ex braccio destro di De Luca, Nello Mastursi, la giudice Anna Scognamiglio e il marito Guglielmo Manna, ma non ancora un aggancio diretto con il governatore, che continua a difendersi scaricando sul suo collaboratore e proclamandosi parte lesa.
La seconda è che De Luca gli ha già fatto sapere che non ha alcuna intenzione di dimettersi né di autosospendersi, e la lezione dei casi Marino e Crocetta, che il premier voleva far fuori già dalla scorsa estate, è che è praticamente impossibile convincere a dare le dimissioni uno che non ne vuol sapere, a meno di non adoperare l’artiglieria e far terra bruciata, senza sapere cosa verrà dopo, come appunto è accaduto a Roma.
La terza ragione, che va in direzione esattamente opposta alle prime due ed è connessa, anche questa, all’epilogo della vicenda Marino, è che in casi come questi qualsiasi toppa è peggiore del buco: aspettare che la tempesta passi serve solo ad accrescere la dimensione del problema e il prezzo che si paga alla fine è a livello nazionale. In ogni caso Renzi, rientrato ieri sera da Malta, dovrà prendere velocemente le sue decisioni, dato che l’assemblea regionale della Campania, e soprattutto i consiglieri del Pd, dovranno votare entro pochi giorni sulle mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni contro De Luca.