La Stampa 13.11.15
Torture sistematiche sui detenuti
Amnesty condanna la Cina
Il rapporto arriva a pochi giorni dalla riunione del Comitato Onu A Hong Kong è un mistero la scomparsa di quattro editori “scomodi”
di Ilaria Maria Sala
«Non si vede la fine». Il nuovo rapporto di Amnesty International sulla tortura in Cina non lascia spazio all’ottimismo per i progressi in materia di diritti dei detenuti. La giustizia è stata riformata e dal 2010 è proibito ottenere confessioni con la tortura. Ma Amnesty International fotografa un sistema che prevede interrogatori violenti, brutali, dove la tortura viene applicata indiscriminatamente, «che si tratti di credenti religiosi, o di funzionari corrotti», dice Patrick Poon, ricercatore del gruppo per i diritti umani.
Gli avvocati nel mirino
Amnesty documenta che oggi le persone a maggior rischio di subire tortura sono gli avvocati che accettano di occuparsi di casi considerati «delicati» o «sensibili», parole usate in Cina per i casi politici. Il rapporto illustra la terribile vicenda di Yu Wensheng, un avvocato di Pechino sottoposto a 200 «interrogatori,» durante i 99 giorni della sua detenzione. Yu, che aveva già difeso alcuni attivisti, era stato poi arrestato per aver espresso online il suo sostegno al Movimento degli Ombrelli durante le manifestazioni di Hong Kong. Amnesty ha intervistato 37 avvocati e studiato 590 sentenze, per arrivare alla conclusione che, malgrado i progressi legislativi, le confessioni sono «ancora considerate il modo più semplice per ottenere una condanna».
Il rapporto è stato preparato alla vigilia della riunione a Ginevra del Comitato Onu contro la tortura, nel corso del quale anche la Cina sarà sottoposta ad un esame di routine. Il Comitato si espresso sulla Cina nel 2008, non risparmiando le critiche. Quest’anno si recheranno a Ginevra anche alcuni attivisti di Hong Kong, che vogliono denunciare il trattamento subito dalla polizia locale durante gli scontri dell’anno scorso.
Guerra agli intellettuali
Ma fonte d’inquietudine è anche la sorte di quattro editori e librai di Hong Kong, scomparsi da quasi un mese. I quattro pubblicano volumi critici verso Pechino che si concentrano in particolare sugli scandali, veri o presunti, dell’«aristocrazia rossa» cinese. «Per questo si sono attirati l’odio dei “principi comunisti”, la seconda generazione di leader figli di importanti rivoluzionari. La scomparsa dei quattro editori sta causando sgomento a Hong Kong. Non sono chiare le dinamiche della loro sparizione: di tre si sono perse le tracce in Cina, mentre Gui Haiming, direttore della libreria Tonglowan e della casa editrice Corrente Poderosa, sembra essere stato rapito in Thailandia», dice un editore di Hong Kong che preferisce restare anonimo. La casa editrice si è specializzata negli anni nella pubblicazione di libri scritti dalle amanti dei potenti cinesi. La scomparsa di tutti e quattro arriva proprio due giorni dopo una email di Gui dove si avverte che «il nuovo libro è pronto per la stampa». La stampa di Hong Kong si è mobilitata per fare luce sull’accaduto, ma per il momento la sorte dei quattro resta un mistero.