venerdì 13 novembre 2015

Corriere 13.11.15
La Chiesa e lo Stato Dopo i Patti del Laterano
risponde Sergio Romano


Gli incredibili scandali e la corruzione dei cardinali «faraoni» entro e fuori le mura leonine - efficacemente definita «sporcizia» da papa Ratzinger alimentata altresì dai notevolissimi contributi finanziari italiani, ripropongono un drammatico interrogativo: non è giunto il momento di abrogare i Patti Lateranensi? Che senso ha nel 2015 — quasi un secolo dopo — un’intesa politica tra il Vaticano ed il capo del fascismo Mussolini che aveva bisogno dell’appoggio ecclesiastico? Non è giunto il momento di annullare quei patti che hanno significato la «riconquista» dell’ Italia da parte della Santa Sede? L’aspirazione degli italiani è quella di diventare uno Stato laico e non — come lei ha scritto in un recente articolo sul Corriere — uno Stato concordatario dove «la Chiesa di Roma è in molte circostanze una sorta di condomino».
Salvatore Surace

Caro Surace,
L’ espressione Patti Lateranensi si riferisce a due documenti di valore e importanza storica alquanto diversi. Il primo crea uno Stato nuovo, lontano erede del Potere temporale della Chiesa romana. I negoziatori del Vaticano avrebbero voluto estenderne i confini sino al mare, ma dovettero accontentarsi, con qualche correzione, della Città leonina, vale a dire del quartiere circondato dalle mura che erano state costruite nel nono secolo dopo Cristo per proteggere la città dalle razzie saracene. Con quel Trattato la Chiesa rinunciava a qualsiasi pretesa sulla città di Roma e la riconosceva capitale dello Stato italiano.
Sotto un profilo strettamente religioso è lecito chiedersi se una grande fede abbia bisogno, per svolgere la sua missione, di una organizzazione statale e di istituzioni secolari come un grande corpo diplomatico. Ma in un trattato ciò che conta è il rapporto fra le reciproche concessioni. Quello del Laterano non piacque, in ultima analisi, soltanto a chi avrebbe preferito protrarre indefinitamente la guerra fredda fra la Chiesa romana e lo Stato italiano. Ma per la grande maggioranza degli italiani fu la «Conciliazione», l’obiettivo che altri uomini politici (fra cui, in particolare, Francesco Crispi) avevano inutilmente perseguito nei decenni precedenti.
L’altro patto firmato l’11 febbraio 1929 fu il Concordato, un accordo che avrebbe avuto effetti alquanto diversi. Mentre il primo trattato creava un nuovo Stato e per certi aspetti confermava l’esistenza di due entità separate e indipendenti, il secondo conferiva alla Chiesa italiana uno statuto particolare con prerogative e diritti che le avrebbero assicurato una posizione privilegiata. Il crollo del regime fascista, la caduta della monarchia e i governi democristiani hanno creato condizioni in cui la Chiesa ha potuto estendere progressivamente l’area delle sue prerogative. La crisi della Prima Repubblica, nonostante l’aggiornamento del Concordato nel 1984, ha rafforzato, a scapito dello Stato, la posizione della Chiesa. La questione dell’8 per mille, in questo quadro, è la più evidente delle dimostrazioni. Una misura concepita per consentire ai cattolici italiani di dare alla loro Chiesa un aiuto volontario e spontaneo è diventata una tassa ecclesiastica ed è applicata nel modo più favorevole alle casse della Santa Sede.