Corriere 13.11.15
Visto dagli Usa
Roger Cohen, editorialista del New York Times
«Tanti errori reciproci Ma Iran e Usa si parlano Ora tutto è possibile»
intervista di Viviana Mazza
In base all’intesa nucleare, «Implementation day» è il giorno in cui l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) certificherà che l’Iran abbia applicato le restrizioni al suo programma nucleare, e allora le sanzioni verranno rimosse.
«Se due anni e mezzo fa, prima dei contatti diplomatici segreti tra Usa e Iran, qualcuno avesse detto che il segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri di Teheran si sarebbero sentiti su base settimanale e su una varietà di questioni che vanno dalla Siria all’intesa nucleare, gli avrebbero dato del matto. Negli ultimi due anni e mezzo sono stati fatti dei passi avanti giganteschi. Quindi nei prossimi tre anni qualunque cosa è possibile». Qualsiasi cosa, forse persino la riapertura dell’ambasciata americana a Teheran e di quella iraniana a Washington.
Così Roger Cohen, l’editorialista del New York Times , forte sostenitore dell’accordo nucleare raggiunto lo scorso luglio, commenta l’intervista del presidente Hassan Rouhani al Corriere della Sera , in cui il leader iraniano ha ventilato la possibilità dell’aprirsi di «una nuova era», se l’accordo nucleare verrà applicato fino in fondo. E comunque, aggiunge Cohen, «l’America ha tante ambasciate in Paesi con cui ha rapporti difficili».
Rouhani dice che l’accordo nucleare non basta a ripristinare la fiducia degli iraniani negli Stati Uniti.E che è compito degli Usa correggere gli errori commessi dalla Rivoluzione Islamica ad oggi. È d’accordo?
«Sono stati commessi tanti errori da entrambi i lati. La presa degli ostaggi Usa da una parte, la partecipazione al colpo di stato contro il premier Mossadegh e l’abbattimento dell’aereo di linea iraniano dall’altra, solo per citarne alcuni. E continuano ad esserci molte questioni. Ovviamente l’Iran è il principale sponsor di Hezbollah. Oggi Rouhani parlando di odio per Israele alla vigilia di un viaggio in Europa dice una cosa poco utile e offensiva. Ma non dimentichiamo che raggiungere l’accordo nucleare è stato un grosso passo, e Rouhani ha ragione nel dire che è importante vederne l’applicazione perché potrà aiutare ad affrontare le altre problematiche e le percezioni sui reciproci atti di aggressione. Può essere davvero la strada per andare avanti». In diversi discorsi, la Guida Suprema Khamenei ha escluso la cooperazione con gli Stati Uniti al di là dell’intesa nucleare, anche mentre il ministro degli Esteri Zarif partecipava al summit sulla Siria. E intanto a Teheran è stata vietata l’importazione di alcuni beni e marchi Usa. Pensa che ciò possa influire negativamente sulle aperture del governo di Rouhani?
«La Guida Suprema ha detto molte cose, a un certo punto anche che l’accordo nucleare era impossibile. Queste affermazioni vanno lette nell’ambito dello scontro di potere in atto tra conservatori con i Guardiani della Rivoluzione da una parte e i riformisti capeggiati da Rouhani e Zarif dall’altra. Se davvero la Guida Suprema avesse appoggiato i conservatori, l’accordo nucleare non sarebbe mai avvenuto. Invece Khamenei aveva la priorità di far uscire il Paese dall’isolamento e farlo entrare nell’economia globale, e la forza politica che lo sta rendendo possibile non sono certo i conservatori. Quello che conta di più sono i fatti. Anziché preoccuparci tanto per le parole di Khamenei, guardiamo all’enorme conquista fatta: stiamo parlando con l’Iran, e questo è immensamente significativo».
Lei ha definito l’intesa nucleare l’«Obamacare della politica estera», citando l’ex sottosegretario di Stato Nicholas Burns, per dire che è qualcosa che i repubblicani non accetteranno mai. C’è il rischio che il Congresso Usa imponga nuove sanzioni che facciano saltare l’accordo?
«Tutto è possibile. Ma il presidente Obama crede in questo accordo e ha ancora oltre un anno al governo. Non sappiamo cosa succederà dopo, ma al momento Hillary è la favorita».