giovedì 12 novembre 2015

La Stampa 12.11.15
Al vertice sui rifugiati a Malta l’Europa si ritrova con più muri
La Slovenia blinda i confini, la Svezia ripristina i controlli. Fondo da 1,9 miliardi per l’Africa
di Marco Zatterin


L’Europa cerca una nuova collaborazione con l’Africa, offre soldi e assistenza per arrivare a innescare un circolo virtuoso che rallenti il flusso delle migrazioni dall’ex continente nero. Ci prova con un summit convocato sei mesi fa, dopo la tragedia di Lampedusa, ma prima che l’emergenza mediterranea si sgonfiasse e l’attenzione si spostasse su quella ormai drammaticamente affollata che attraversa i Balcani. Fra i leader la paura del peggio alimenta una voglia di concretezza, tuttavia il clima è confuso da una crescente energia centrifuga: la Svezia ripristina i controlli alle frontiere per dieci giorni, mentre i paesi scandinavi stringono sull’accoglienza, a Berlino si litiga sui limiti del Patto di Dublino e la Slovenia costruisce un muro al confine croato.
Il forte preso dai turchi
Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, si sforza di sottolineare che le migrazioni «sono un’opportunità e non una minaccia». La realtà che è apparsa davanti ai delegati dei 63 paesi che sono arrivati a La Valletta per rilanciare le sempre delicate relazioni fra Ue e Unione Africana somiglia tuttavia a un assedio. Così la scelta del forte sant’Elmo, che cedette dopo 28 giorni di offensiva turca nel 1565, può sembrare una fastidiosa metafora. Almeno per chi non ricorda che poi arrivarono gli spagnoli e cacciarono il Sultano.
Prossima tappa in Turchia
L’Alto rappresentante per la Politica estera Ue, Federica Mogherini, propone come slogan della vittoria auspicata la parola «Insieme». Dice che «l’Africa ha bisogno dell’Europa e viceversa». I suoi tecnici ricordano che solo un decimo della migrazione generata a Sud del Mediterraneo arriva in Europa. Il resto è una questione interna, coi leader africani che chiedono aiuti soprattutto economici e vogliono andare oltre il nodo delle migrazioni. Nel piano di azione atteso per oggi ci sono anche consigli tecnici, come il taglio al 3% del costo delle rimesse.
L’Unione europea risponde con un fondo nel quale ci sono 1,8 miliardi provenienti dal bilancio comunitario e 100 milioni degli Stati. Il contributo nazionale fa ridere, ma crescerà una volta che la macchina si sarà messa in moto. Sono promessi 16 programmi economici pilota entro il 2016 per rassodare il tessuto economico e ci sarà anche uno scambio di funzionari. Fermare i flussi alle radici, dunque. La stessa cosa che si intende fare con la Turchia, che sarà protagonista di un vertice bilaterale entro il mese di novembre.
L’idea europea è di coniugare il summit maltese col G20 turco per compattare la volontà politica di usare tutti gli strumenti per gestire le migrazioni. La marcia indietro svedese, con le incertezze tedesche e il muro sloveno, non promettono bene.
Leader distratti
Ci sono leader distratti, vedi Polonia e Regno Unito, mentre l’Africa gioca duro e avverte che i centri di registrazione, «in qualunque modo li chiameremo», da loro «diventeranno centri di detenzione». «L’errore dell’Europa è pensare solo a tenere fuori gente che continuerà comunque ad arrivare», denunciano Amnesty e Oxfam. Analisi lucida. Tanto da assomigliare maledettamente alla realtà. [M. ZAT.]