mercoledì 11 novembre 2015

La Stampa 11.11.15
L’Anticorruzione: in Campidoglio il 90% di appalti senza gara
di Francesco Grignetti


Non solo Atac. L’intero Campidoglio si affidava disinvoltamente agli affidamenti diretti. Gli uffici di Raffaele Cantone hanno passato al microscopio il bilancio del Comune di Roma per gli anni 2012-2014. E le conclusioni sono desolanti. «Si è potuto constatare un pressoché generalizzato e indiscriminato ricorso a procedure sottratte all’evidenza pubblica (le gare d’asta, ndr) in palese difformità e contrasto con le regole, rilevando spesso un’applicazione o elusione delle norme disinvolta e in alcuni casi spregiudicata. Ciò induce a ritenere che la prassi rilevata abbia genesi lontana».
La distorsione degli appalti, a Roma, verrebbe dunque da lontano. Di sicuro è luciferina l’organizzazione di ben 44 centri di spesa, ciascuno autonomo e geloso della propria indipendenza. Guarda caso la drastica semplificazione dei centri di spesa era all’ordine del giorno proprio dell’ultima seduta di Giunta, quella in cui Marino ha definitivamente chiuso la sua esperienza in Campidoglio.
Il caos amministrativo e contabile, però, non sembra essere nato per caso. «Non si può non osservare - scrivevano gli ispettori dell’Anac in una relazione di questo settembre, girata alla procura in ottobre, e ora depositata agli atti del processo Mafia Capitale - come nell’ambito dei Dipartimenti e dei Municipi, e degli altri centri di costo, l’attività relativa agli affidamenti diretti sia spesso sfuggita ai controlli preventivi dei vertici».
Non c’è una omogeneità di procedure. Non c’è un database unitario delle spese. E il Segretariato generale ha un sistema informatico che registra esclusivamente le gare d’asta. Già, peccato però che ci sia «un massiccio e indiscriminato ricorso a procedure non ad evidenza pubblica». I famigerati affidamenti diretti: il Comune vi ricorreva nel 90% dei casi, che in termini di importi rappresentavano il 43% della spesa complessiva.
Severe le conclusioni: con questi sistemi, elusivi di norme, impropri e artificiosi, se non del tutto illegali, addio «trasparenza, economicità e efficienza». Piuttosto sono «zone d’ombra costituenti potenziale nido di comportamenti distorsivi ed illegittimi».