mercoledì 11 novembre 2015

Corriere 11.11.15
Amministrative
Tra i big del partito è fuga dal toto Campidoglio. E il Pd congela il dossier
Tra i nomi dei possibili candidati del Pd per Roma ci sono quelli di: Giovanni Malagò, Emma Bonino e Andrea Riccardi
di Monica Guerzoni


ROMA Bocche cucite e pedalare. Per uscire dal sentiero stretto che rischia di far sbandare il Pd nella Capitale, Renzi propone una «moratoria delle polemiche», che nella strategia del premier vuol dire usare i sette mesi di commissario «per fare ciò che serve a Roma». Tappare le buche, illuminare le periferie, far sparire i rifiuti... Insomma, «più attenzione al bello» e meno alle chiacchiere. Il resto, come candidato e alleanze, il segretario lo deciderà a tempo debito. Non prima di gennaio.
La frenata, annunciata a Ballarò , si è resa necessaria perché il Pd non sa che pesci pescare, nel mare di degrado in cui si trova Roma dopo la fine traumatica dell’era Marino. «Al Campidoglio non vuole andarci nessuno» gemono i dirigenti «dem». Soprattutto, non vogliono andarci i pezzi grossi del Pd. Se nelle scorse settimane tra Palazzo Chigi e il Nazareno si era pensato di «sacrificare» un ministro romano, ora quell’idea è destinata a tramontare. «I nomi importanti non ci vanno — conferma Michele Anzaldi — Non si smonta una casella che funziona». Paolo Gentiloni sta benissimo alla Farnesina. E forse Mattarella non sarebbe contento di un cambio in corsa in un ministero così importante, tanto più che il primo semestre del 2017 la presidenza del G7 toccherà all’Italia. Era stata sondata anche Marianna Madia, la quale però si sente «molto impegnata nell’attuazione della riforma della PA». Difficile darle torto visto anche il livello di rischio, con possibili candidati di disturbo a sinistra e i cinquestelle favoriti. «Walter Tocci è una figura straordinaria» dice Stefano Fassina lanciando l’ex vicesindaco, un nome che piace a Sinistra italiana almeno quanto quello dello stesso Fassina.
Nel Pd, invece, la corsa a tirarsi fuori sta diventando imbarazzante. L’ultimo è stato Nicola Zingaretti, il quale già tempo fa, quando la poltrona di Marino aveva iniziato a traballare forte, aveva riunito lo staff con questa raccomandazione: «Quando vi chiedono se intenda candidarmi a Roma, rispondete che non sta né in cielo, né in terra». Il no del presidente del Lazio è così netto che i dem hanno rinunciato a interrogarsi. Non corre perché vuole fare il segretario del Pd? O perché ha paura di perdere? Nessuna delle due, sussurrano i dirigenti dem: «Nicola punta a fare il ministro». E Roberto Giachetti? Giammai scenderà dallo scranno di vicepresidente della Camera per salire la scalinata di palazzo dei Senatori: «Sono rottamando, io...».
Sia come sia, la personalità giusta per Roma ancora non salta fuori. E per quanto Anzaldi invochi un «superpolitico», torna ad affacciarsi la suggestione di un candidato civico. Meglio se del tutto esterno al Pd, così da non terremotare il governo in caso di sconfitta. Tra gli altri girano i nomi di Giovanni Malagò, Emma Bonino e Andrea Riccardi, il quale sull’ Huffington ha pubblicato un post che autorizza a pensare a un interesse dell’ex ministro per le sorti del Campidoglio: «Una Costituente può fare ripartire Roma. Si può, si deve cominciare presto con chi è disponibile a lavorare per il bene comune». Sì, ma chi è disponibile a lavorare per il bene comune dei romani?
Si narra che a Palazzo Chigi avessero pensato anche alla Boschi, ma la ministra è ormai un perno del governo e puntare su di lei sarebbe un azzardo. «Oggi è troppo complicato capire qual è il profilo adatto — ammette Matteo Orfini —. Lavoriamo, poi a gennaio stabiliremo primarie, regole, candidature». Ettore Rosato assicura che le energie del Pd sono «concentrate a rimettere in moto la città e far funzionare il Giubileo». Anche perché, suggerisce Walter Verini, partire dal tetto sarebbe un errore: «Prima del nome dobbiamo ricostruire la fondamenta del rapporto con la città». Roma può attendere.