mercoledì 11 novembre 2015

Repubblica 11.11.15
Helmut Schmidt
È morto ieri a quasi 97 anni il cancelliere tedesco, uno degli statisti simbolo del Novecento. Con Giscard d’Estaing gettò le basi dell’euro. Impose la fermezza contro la Raf
La Spd non gli perdonò di aver chiesto il riarmo Nato per rispondere a Breznev
Addio a Schmidt l’europeo che anticipò la Terza via per la sinistra
di Andrea Tarquini


BERLINO «Spero di morire prima di Helmut, non voglio vivere in un mondo senza la sua voce», aveva detto Henry Kissinger. La vita lo ha deluso: Helmut Schmidt, il primo grande riformatore modernista della sinistra europea quando Tony Blair, Gerhard Schroeder o Goeran Persson erano solo bambini o teenager, lui che con Valéry Giscard d’Estaing pose le fondamenta dell’euro e, sfidando il suo partito (la Spd), chiese euromissili americani per rispondere al mostruoso riarmo di Mosca con centinaia di SS-20 puntati contro di noi, è morto a quasi 97 anni nella casetta di Amburgo-Langenhorn. Aveva chiesto di tornarvi per gli ultimi giorni. Addio del mondo a uno degli ultimi Grandi del ventesimo secolo, statista-simbolo d’un’alta idea etica della politica come missione, un grande europeo col senso dello Stato.
«Ambizione di potere? No. La mia generazione vide la Patria distrutta dalla follia criminale di Hitler, scegliemmo l’impegno politico per costruire una nuova Germania in cui l’orrore non avrebbe potuto ripetersi», narrò in una bella intervista all’anchorwoman Sandra Maischberger, bilancio di una vita eccezionale. Nella sinistra democratica europea altri furono gli eroi mitizzati: Willy Brandt cancelliere della pace o Enrico Berlinguer, il premier svedese Olof Palme o François Mitterrand.
Lui non fu mai amato dal popolo di sinistra: troppo pragmatico e occidentale. I suoi idoli erano Churchill, Bismarck, e Walther Rathenau, il ministro degli Esteri pacifista ebreo della Repubblica di Weimar assassinato dalla destra. I suoi amici, Kissinger o l’ex presidente della Fed Paul Volcker. E soprattutto, ripeté per anni “
It’s the economy, stupid!”:
per lui il buon governo dell’economia a tutti i costi era valore costitutivo d’una sinistra di governo. Oggi, tanti dànno ragione a “
Schmidt Schnauze”,
Schmidt muso duro, o “
Schmidt the lip”, come lo chiamavano gli alleati angloamericani con cui trattava durissimo. Ma fu con un atto anticostituzionale che decollò la sua carriera. Violando il divieto costituzionale d’usare l’esercito a fini interni mobilitò migliaia di soldati per salvare i civili di Amburgo da una tsunami, nel febbraio 1962. Cominciò così, lui figlio illegittimo d’un banchiere ebreo e d’una cameriera, a divenire il cancelliere più amato dai tedeschi: più di Adenauer o di Kohl.
Difesa, poi Economia, poi Cancelliere: dal 1969 col primo governo di sinistra guidato da Willy Brandt, passando per il 1974 quando Brandt bruciato dal colonnello-spia della Stasi Guenter Guillaume suo consigliere si dimise, fino al 1982, Helmut Schmidt lasciò il segno nell’Europa in cui viviamo. «Valéry, litighiamo sugli alimenti se vuoi ma l’euro è figlio nostro», disse al caro amico oltre gli schieramenti, Valéry Giscard d’Estaing. Furono loro due a creare sistema monetario europeo ed Ecu, radici della moneta unica. E col summit di Rambouillet inventarono il G7, il vertice dei potenti economici del mondo. In quell’èra di dollaro instabile, Schmidt alleato leale sparava a zero su Washington, non sui deboli come la Grecia di oggi.
Loki, fidanzatina da quando era tenente della contraerea, fu la compagna della vita. Ma Schmidt era anche un uomo vero capace poi di confessare peccati: nel 2012, dopo la morte di Loki, raccontò la lunga relazione con Ruth Loah. Adorava la musica, soprattutto Bach: suonava piano e organo, incise dischi. Cancelliere negli Anni di piombo, impose la linea della fermezza contro la Rote Armee Fraktion, le Brigate rosse tedesche. No a ogni negoziato, se trattiamo abdichiamo. Firmò un ordine segreto: se mi rapiranno lasciateli uccidermi e non cedete. Al dirottamento del 737 Lufthansa su Mogadiscio, rispose inviando le teste di cuoio.
Sfidò il partito anche sul pacifismo: chiese il controriarmo Nato per rispondere a Breznev. La Spd non glielo perdonò mai, rispose con richieste economiche massimaliste, e spaccando la coalizione coi liberali (Fdp) pose fine al suo potere. Lui non se ne pentì: «Meglio perdere elezioni democratiche contro Kohl che non cedere al riarmo di Breznev, minaccia atomica puntata solo contro l’Europa, Mosca voleva sganciare la nostra sicurezza da quella americana», confessò poi.
Nella Spd, solo il riformatore Gerhard Schroeder lo elogiò, e poi da cancelliere si ispirò a lui lanciando le dure riforme del welfare che salvarono la Germania dal declino. Nell’autunno della vita, è rimasto attivo fino all’ultimo. In talkshow continui (imponeva a tutti di lasciarlo fumare a catena, in barba a ogni divieto), spesso in tv con l’ex avversario Kohl. E in interventi su Die Zeit, il settimanale di qualità simbolo dei media tedeschi. A Die Zeit era diventato il Grande vecchio, fu lui a fare l’esame d’ammissione al nuovo direttore, Giovanni di Lorenzo. Aveva debuttato come penna nel dopoguerra dell’Anno Zero, presentandosi ai fondatori, Gerd Bucerius e la contessa Marion Doenhoff, nel liso cappotto di ufficiale della contraerea. «Quel ragazzo ne farà di strada», si dissero il magnate dei media e la giovane nobile prussiana.