mercoledì 11 novembre 2015

La Stampa 11.11.15
La verità
di Massimo Gramellini


A che età siamo in grado di accogliere la verità? In una società che rimuove la morte, quanti anni dobbiamo avere per fare la sua conoscenza quando ci passa accanto? Sono domande gigantesche e l’altra mattina hanno attraversato la mente del preside della scuola media torinese in cui studiava Anna, la dodicenne anoressica che la sera precedente si era lasciata cadere dal balcone di casa. Ormai la notizia rimbalzava sulle pagine Facebook e da lì sgocciolava nei telefonini dei compagni di Anna, deformandosi in allusione e pettegolezzo. Si poteva continuare a tacere la verità come probabilmente la si sarebbe taciuta a un ragazzino di trent’anni prima?
Molti di voi avranno una risposta e tutte sono legittime. Qualcuno dirà che il preside avrebbe fatto comunque meglio a tacere. Qualcun altro che avrebbe dovuto consultarsi con i genitori degli alunni. Qualcun altro ancora resterà in silenzio, sopraffatto dal peso della scelta. Su temi così delicati non esiste un bivio tra giusto e sbagliato. Al limite tra facile e difficile. Ecco, il preside Enzo Da Pozzo ha imboccato la strada più difficile: si è preso le sue responsabilità, in un’epoca dove spesso vengono eluse proprio da chi, per il ruolo che riveste, sarebbe tenuto ad assumersele. È entrato in classe e ha detto ai ragazzi che la loro compagna non ce l’aveva fatta e che non si può salvare chi non vuole essere salvato. Ci sono state lacrime, ci saranno incubi. Eppure la verità è come l’alcol sulla carne viva. Brucia, ma disinfetta le ferite.