domenica 22 novembre 2015

Il Sole 22.11.15
Telefonate tra turchi e iracheni con carte prepagate pachistane
La complicità dei greci con i trafficanti
di C.G.


L’opera di contrasto al flusso proveniente dalla Turchia da parte della Guardia Costiera e le varie forze di polizia di Atene ha tutte le caratteristiche della fatica di Sisifo. Soprattutto in un Paese martoriato dalla peggiore crisi economico-budgetaria del Dopoguerra. Ma adesso sta emergendo che a rendere questo sforzo impossibile potrebbero aver contribuito connivenze e complicità nelle istituzioni greche.
A farlo pensare è un’indagine condotta nella più estrema segretezza dalla procuratrice anti-corruzione Eleni Raikou. Al Sole-24Ore risulta che al centro dell’indagine siano un dirigente dell’Eyp, tale Vasilis D., noto con il nomigliolo di Nikita, e uno di Elas, Panagiotis K.
Entrambi avrebbero avuto rapporti diretti e costanti con trafficanti turchi e iracheni, con i quali Vasilis D. avrebbe scambiato sms utilizzando schede telefoniche prepagate pakistane.
La Procura ha accertato che il poliziotto avrebbe viaggiato a Baghdad in compagnia di uno dei trafficanti, un iracheno residente in Grecia di nome Jejo Basham, oggi ricercato. Panagiotis K. si sarebbe giustificato spiegando di essersi limitato ad accompagnare in Iraq un amico, un imprenditore greco interessato a fare investimenti in quel Paese, e che Basham era stato semplicemente il loro interprete.
Nikita e Panagiotis K. sono sospettati di aver fornito all’organizzazione di Basham documenti di soggiorno e di transito o attestazioni dello stato di rifugiati in cambio di cifre che oscillavano tra i mille e i 2mila euro a documento. Nel caso che migranti presi in carico dalla rete di trafficanti di Basham fossero arrestati in Grecia, il poliziotto sarebbe stato inoltre attivato perché fossero liberati.
Altri funzionari di polizia avrebbero inoltre favorito il passaggio di migranti attraverso gli aeroporti di Atene e di Salonicco, dove questi sarebbero stati fatti entrare seppur con passaporti greci contraffatti o addirittura privi di documenti di identità.
Gli inquirenti hanno accertato che questo gruppo di funzionari corrotti sarebbe riuscito a operare per anni grazie a una rete di protezione che arrivava non solo a livelli alti degli organi di loro appartenenza ma anche del mondo politico, in particolare all’interno di Syriza, il partito del primo ministro Alexis Tsipras.
In una telefonata intercettata il poliziotto corrotto avrebbe parlato con un trafficante della necessità di far fuori il ministro della Protezione dei cittadini del primo Governo Tsipras, Yannis Panousis, in quanto ostacolava le loro attività di movimentazione “delle capre”, come venivano chiamati i migranti al telefono.
Panousis non è stato confermato come ministro nella seconda amministrazione Tsipras, quella nata dopo le elezioni anticipate del 20 settembre scorso. Poco tempo dopo ha denunciato un complotto contro di lui da parte dei membri di Syriza. Pochi giorni fa, si dice che Panousis abbia presentato ai pubblici ministeri dell’anti-corruzione un file con le trascrizioni di conversazioni telefoniche che suggeriscono il coinvolgimento di agenti di polizia nel traffico di migranti.
Il 9 novembre, il successore di Panousis al ministero, Nikos Toskas, ha sorpreso tutti annunciando la rimozione del capo della del Dipartimento degli affari interni della Polizia, Stavros Stavropoulos, uno dei pilastri investigativi a supporto della pm Raikou nelle indagini sui collegamenti istituzionali dei trafficanti.
La decisione è stata presentata come conseguenza di «una iniziativa di potenziamento delle forze di polizia». Ma fonti all’interno della Procura anti-corruzione ci dicono che Stavropoulos giocava un ruolo fondamentale nell’inchiesta e che il suo inaspettato licenziamento avrà esattamente l’impatto opposto.