venerdì 20 novembre 2015

il manifesto 20.11.15
Verso una fiducia sulla fiducia
Legge di stabilità. A Palazzo Madama un testo in bianco. I tagli al Sud finanzieranno la sicurezza. Sì all’ennesimo aumento dei fondi alle scuole private
di Andrea Colombo


ROMA Cotta e mangiata: arrivata nell’aula di palazzo Madama ieri, la legge di stabilità ne uscirà oggi, licenziata col voto di fiducia. In realtà il maxiemendamento sul quale verrà posta la questione di fiducia, annunciato e atteso già da ieri mattina, a sera non era ancora arrivato. Segno che sui conti tra palazzo Chigi e ministero dell’Economia ancora non riescono a trovare una quadra su qualche punto dolente.
Sull’aula di palazzo Madama, convocata alla 20, pendeva addirittura la minaccia di una seduta fiume notturna. In realtà per uno scarno «dibattito generale» seguito dalle dichiarazioni di voto e poi per la fatidica chiama basta e avanza la mattinata di oggi.
La fretta del governo, rivelata dalla tentazione della maratona notturna, non si spiega con la necessità di rispettare i tempi: piuttosto con l’incubo del weekend. Si sa che sin dal venerdì pomeriggio i senatori scalpitano per tornare a casa. Se il voto dovesse slittare a domani mattina c’è il rischio che tra i banchi della maggioranza si registri qualche vuoto di troppo.
Capita infatti che sia venuto a mancare il paracadute di Denis Verdini. Gli emendamenti della sua Ala non sono stati accolti da governo e maggioranza: la reazione dei «responsabili» è tanto stizzita da far sospettare che ci fosse stata una qualche più o meno vaga promessa in senso opposto. D’Anna, capo transfuga, è furioso: «Il nostro voto non lo avrete e non lo avrete nemmeno quando la sinistra tenterà l’ennesimo sgambetto a Renzi. Caro Gotor, non ti daremo un dispiacere. Cerca di procurarli tu i voti che mancano, altrimenti il governo andrà sotto».
Il richiamo alla sinistra del Pd è pertinente. Capita infatti anche che la frantumazione dell’Ncd, il partito mai nato fuori dal Parlamento, dovrebbe sottrarre al governo quattro o cinque voti preziosi. Di qui la paura che la corsa al meritato riposo dei senatori di maggioranza possa provocare imprevisti incidenti.
Non sarà così. La minoranza del Pd, nonostante abbia strepitato sul tetto del contante a 3000 euro, cioè la norma a rischio che ha giustificato il ricorso alla fiducia, non ha alcuna intenzione di mettere il governo in pericolo. La legge di stabilità sarà votata di corsa, di fatto senza neppure il tempo di leggere il maxiemendamento. La fiducia verrà data, alla lettera, sulla fiducia, poi la palla passerà alla Camera. Sono state infatti lasciate in bianco un paio di voci tutt’altro che secondarie: il Sud e la sicurezza. Il governo promette di riempire quelle pagine vuote in tempo per farle votare senza un fiato dai deputati.
I due capitoletti sono purtroppo confliggenti: uno dei due fronti andrà sacrificato, e non bisogna possedere doti profetiche per indovinare quale sarà.
Il Sud, che dalla legge di stabilità sarebbe comunque stato trattato come la solita Cenerentola, dovrà stringere ancor più la cinghia per consentire al governo di stanziare i fondi necessari contro il terrorismo, lievitati, va da sé, dopo la mattanza parigina.
«La verità – afferma il capogruppo di Sel in commissione Bilancio Luciano Uras – è che il governo ha scelto di investire dove le cose vanno meglio e di penalizzare le aree dove vanno peggio. Se si potrà dire che il tasso di disoccupazione a livello nazionale è sceso di un punto, gli andrà benissimo, anche se magari in Campania sale di due punti».
Così i 120 milioni in più destinati alla sicurezza verranno tolti quasi certamente al Sud, mentre resteranno intoccabili i 25 milioni in più destinati alle scuole private. Un emendamento approvato in commissione Bilancio all’ultimo minuto stabilisce che i fondi per le «scuole non statali» non saranno «computati ai fini del patto di stabilità interno». Via libera.
Quella sulla scuole private è una delle poche modifiche apportate alla legge dalla commissione Bilancio. La principale delle quali riguarda l’estensione dell’esenzione dalla tassa sulla prima casa anche a chi lascia la medesima in comodato a figli e genitori.
Oggi il voto, per un esame, quello del Parlamento, che preoccupa Renzi molto meno di quello di aprile, quando sarà l’Europa a dover sciogliere la riserva sui «rimandati» di Roma.