il manifesto 15.11.15
Marine Le Pen si fa Stato
Il Front nationale approva lo Stato di emergenza, senza rinunciare ai suoi slogan
di Francesco Ditaranto
Questa volta l’estrema destra non si farà escludere come avvenne nel gennaio scorso, quando François Hollande non invitò il Front national alla marcia contro il terrorismo dopo gli attentati a Charlie Hebdo. All’epoca, l’esclusione da quella sorta di effimero blocco di unità nazionale che marciò per le vie di Parigi insieme ai capi di stato arrivati da tutto il mondo fu vissuta malissimo dai Le Pen. Lo si è capito nel momento in cui, dopo aver espresso il cordoglio per le vittime e la vicinanza alle famiglie toccate da questa tragedia, davanti ai giornalisti convocati nella sede del partito, Marine Le Pen ha salutato favorevolmente la decretazione dello stato d’emergenza da parte dell’esecutivo.
Non era mai successo. Segno di un’evidente volontà di ricoprire un ruolo politico di rilievo in questo momento di choc per tutta la Francia. Eppure, anche senza affondare mai il colpo contro il presidente Hollande, sulla scorta di quanto appena detto, la presidente del Fn ha richiamato i temi cari al suo partito, facendo, di fatto, campagna elettorale. Innanzitutto il bisogno di rivedere i rapporti con Putin, cui ha fatto implicito riferimento quando ha sottolineato che chiunque combatta Daesh deve essere considerato un alleato.
La figlia del fondatore del movimento ha poi riaffermato la necessità di chiudere le frontiere. «Checché ne dica l’Unione europea – ha dichiarato — è indispensabile che la Francia ritrovi il controllo delle proprie frontiere nazionali definitivamente. Senza frontiere non ci possono essere protezione e sicurezza».
In chiusura, Le Pen ha dato la sua ricetta per far sì che lo Stato possa tornare «ad assicurare la sua missione essenziale di protezione dei francesi»: vietare le organizzazioni islamiste, chiudere le moschee radicalizzate, espellere gli stranieri che predicano odio e i clandestini, sino a togliere la cittadinanza ai francesi con doppia nazionalità vicini ai movimenti islamisti.
Ma se la maggior parte delle alte sfere della politica si affrettava ad affidare ai social network il proprio dolore, comunicando l’interruzione di ogni attività legata alla campagna elettorale, alcuni, anche dal profilo politico non trascurabile, non si lasciavano sfuggire l’occasione per strumentalizzare i morti di Parigi. Tutto a mezzo facebook o twitter.
È il caso del post, subito cancellato, del Front national del dipartimento di Indre e Loire che, pochi minuti dopo la diffusione delle prime notizie da Parigi, invitava a votare Front national come unica soluzione per mettere un freno alla violenza. Il post è stato rimosso, vista l’indignazione della rete.
Non sono state da meno le dichiarazioni del segretario generale del Fronte, Nicolas Bay, che su Twitter ha tuonato: «Mentre Hollande e Valls combattono il Front national, assassini sanguinari preparano i loro attentati. Vergogna». Anche in questo caso il tweet è stato cancellato. Dello stesso tono, e sempre negli stessi concitati momenti, lo sfogo di Louis Aliot, eurodeputato Fn, e compagno di Marine Le Pen.
Anche fuori dal Front national non sono mancati i tentativi di facili equazioni a proprio uso e consumo. Basta citare quello di Philippe de Villiers, ex-ministro e fondatore del partito sovranista Mouvement pour la France, che ha parlato degli attacchi come conseguenza del «lassismo e della moscheizzazione» esattamente come Lionell Luca, deputato dei Repubblicani che ha paragonato Parigi a Beirut, denunciando come «pagheremo caro il nostro lassismo davanti al comunitarismo».
Più raffinato è stato Gilbert Collard, deputato eletto nella coalizione che ha sostenuto Marine Le Pen, che ha parlato, sempre su Twitter, di «povera Francia abbandonata». L’espressione potrebbe essere la chiave di lettura per comprendere come l’estrema destra potrebbe utilizzare a suo favore i giorni che verranno, prendendosi la scena, con le elezioni dietro l’angolo.
Non attaccando direttamente Hollande, quindi, ma dipingendo un paese in posizione di oggettiva debolezza davanti alla minaccia del terrorismo, spaventato e abbandonato, appunto, che per difendersi ha bisogno di tornare pienamente sovrano, nell’accezione del Fn.