domenica 22 novembre 2015

Corriere La Lettura 22.11.15
Gelosia
Può avere risvolti positivi Ma se diventa paranoia sono guai tremendi
La conosciamo, la ritroviamo in noi così come in un quadro di Munch, in «Romanzo criminale» o nelle pagine del filosofo Karl Jaspers.
Due le sue radici: il senso di inferiorità e vulnerabilità, e il desiderio di chi non si crede all’altezza
di Giancarlo Dimaggio


Inizia il giorno in cui compilo l’elenco dei gelosi. Il Dandi e Scialoja, il ladro e la guardia, uno dei capi della Banda della Magliana e il commissario che ossessivamente gli dà la caccia in Romanzo criminale , se si guardassero con attenzione allo specchio vedrebbero riflesso il volto dell’altro. Due destini, la stessa persona. Julius Klug, orologiaio di fede ultramontana internato in manicomio a Heidelberg nel 1895, apparirebbe nella stessa immagine. Nel Munchmuseet di Oslo è rinchiuso un altro caso di somiglianza: Edvard Munch. Manca la gelosia femminile. L’esempio perfetto: Medea. Ho dati sufficienti. La scena del crimine si ripete: il triangolo amoroso. L’innesco dell’esplosione è lo stesso: gelosia.
Il Dandi, nella sua arroganza, vuole per sé la mejo mignotta de Roma . Quindi cerca la donna che tradisce, per definizione. Scialoja, quando la interroga, sa che Patrizia è la donna del Dandi. E se ne innamora. Per tutta la serie si rincorreranno in un gioco a sconfiggere il rivale, a rubargli la femmina. Lei sfugge con sistematica freddezza, tradisce uno e inganna l’altro. Nella ricerca di salvezza andrà a rifarsi una vita in provincia, da fioraia. Il Dandi la scoverà, giusto per ricordarle che è sua, e che prostituta resta. Pochi giorni dopo Patrizia gli intima di sposarla, pena rivelazioni a Scialoja. Niente di più eccitante per il Dandi. Non la sicurezza del possesso gli interessa, ma umiliare il rivale. Pagherà cara la sua passione triangolare: Patrizia lo tradirà un’ultima volta, indirizzandolo all’agguato mortale.
Julius Klug, K nel testo di Karl Jaspers Delirio di gelosia (Raffaello Cortina), inizia a credere che la moglie lo tradisca 16 anni dopo avere iniziato a costruire un orologio astronomico. Quella meticolosità nell’inutile che ritrovi nei personaggi di Baricco. Comincia credendo che la moglie treschi con l’orologiaio di una città vicina. Quale rivale peggiore? La picchia, le dà della puttana. Sente rumori nella notte: uomini che insidiano la sua donna. Minaccia con la pistola chi crede esserne l’amante, denuncia chi lo considera pazzo e vuole internarlo ma l’internamento sarà il suo destino. Leggo il resoconto di Jaspers: «Quando incontrava uno degli uomini di cui sospettava scappava». Si sente in pericolo, schiacciato, incompreso, deriso e alla fine mandato in miseria. Ricorda che la moglie era stata definita una composizione floreale che ornava il suo «signor negozio». Nell’autobiografia scritta durante il suo soggiorno in manicomio la definisce «il serpente tra i fiori». Una composizione floreale a disposizione di tutti. Formo connessioni: il Dandi. Lui avrebbe sottoscritto.
Altre connessioni. Un anno fa passeggiavo nel Giardino della Minerva della scuola medica salernitana con il mio collega Giampaolo Salvatore. Mi diceva: «La base della gelosia è il senso di vulnerabilità, di inferiorità. Pensa a Sabato, domenica e lunedì di Eduardo De Filippo. Peppino Priore che si sfoga a tavola, si sente fesso a fronte della tresca di sua moglie. La sua fragilità minacciata è diventata rabbia».
Ritorna tutto. Il Dandi, Scialoja, nessuno vuole soccombere, la misura del loro valore è il possesso dell’oggetto d’amore. Ma nell’animo ognuno di loro si sente inferiore e reagisce attaccando o ricercando il senso di grandiosità. Superiorità morale nel caso di K e Scialoja. Un attico nel centro di Roma è il tempio che il Dandi erige a se stesso.
Poi c’è Munch, il Munchmuseet. Gelosia del 1895, l’anno in cui K fu internato. Inizio oggi a stabilire nessi paranoici? Se volete conoscere la faccia del geloso, è ritratta lì in primo piano. Ed è la faccia dello spavento e della sconfitta. Perplessità, occhi sgranati, smarrimento. Alle spalle la coppia di amanti che esclude il pittore. Il viso è abbattuto, apparirà identico in Gelosia II (non lo cercate al museo, non è lì). Passeggio per le sale, il mio ospite mi fa notare un altro quadro, non ricordo oggi il titolo, dipinto decadi dopo. In primo piano lo stesso viso, ma alle spalle c’è una casa in fiamme. Gli amanti non li vediamo, ma sono chiusi là dentro. Di nuovo torna tutto, prima la vulnerabilità e solo dopo l’aggressione, tentativo fallimentare di restaurare la dignità smarrita.
Infine Medea che, annichilita dal tradimento di Giasone, si vendica uccidendo i propri figli per colpire meglio l’infedele. La rievoca Giulia Sissa nel suo La gelosia (Laterza) : «Furibonda e astuta, viscida e giubilante, la Medea di Seneca è pura crudeltà».
Gli attori sono in scena, i fatti sulla scrivania, ora le deduzioni. La gelosia è il timore che l’oggetto amato sparisca per mano di un rivale. Ha varie gradazioni: quel senso di minaccia e sospetto che almeno una volta ha preso tutti i veri innamorati: perché non ha risposto al telefono? Con chi stava parlando? Che ci va a fare in palestra? Sospetti utili entro un certo grado, un minimo di controllo serve e l’altro si sente amato.
Poi la gelosia della personalità paranoide. La sospettosità è sistematica, fondata o meno che sia, la convinzione non muta: l’altro inganna, umilia, deruba. Stai in guardia, erigi un bunker. Se vieni messo al muro, attacca. Infine la gelosia delirante. Più ferma e invincibile della personalità paranoide, crea fatti che non esistono. K sentiva carezze al piede nella notte, gli amanti della moglie si erano intrufolati nel suo letto.
Le radici della gelosia? Ne identifico due. La prima è il senso di vulnerabilità, inferiorità. Come sangue che si ghiaccia, gambe che si sciolgono come cera. Le azioni del geloso — controllo, investigazioni, aggressioni e vendette nascono da lì, tentativi maldestri di proteggere la lumaca quando il guscio si crepa. Costruire grandi case in mura di orgoglio e intonare inni al proprio valore servono ad allontanare la vulnerabilità. Se c’è qualcuno da accusare, il geloso scaccia l’idea strisciante di appartenere a una genia di reietti. Gode del vigore che dà il combattere il nemico invece di sentirsi una nullità.
La seconda: una forma di relazione oggettuale, il modo in cui nella mente prevede andranno i rapporti. Immaginatela così: bramate l’amato, ma temete di non essere alla sua altezza e qualcuno più potente di voi lo conquisterà. L’angoscia è insostenibile. La vita affettiva si plasma intorno al bisogno di controllare la perdita temuta. Scegliete una persona che vi fa tremare la terra sotto i piedi e passate la vita a prevenirne la fuga. La scelta del Dandi e di Scialoja. L’amore per l’inaffidabile e inafferrabile. La storia finisce sempre allo stesso modo: l’oggetto d’amore si rivela un serpente tra i fiori.