Corriere 8.11.15
«No al liberismo da Happy Days» Sinistra italiana parte con Bella ciao. I gruppi Teatro pieno e in tanti restano fuori. Nei nuovi gruppi 31 deputati e una decina di senatori. Gli intellettuali I messaggi di Boldrini e Cofferati. E arriva anche un appello degli intellettuali d’area.
Fassina all’attacco, in platea molti volti del passato. E c’è pure La Malfa
di M.Gu.
ROMA L’applauso più energico lo strappa Stefano Fassina, quando evoca dal palco Fonzie, il protagonista in giubbotto nero di una celebre serie tv americana: «Sinistra Italiana ha una proposta di governo alternativa al liberismo da Happy Days del segretario del Pd...». Le foto del comizio bis, improvvisato in strada perché il Teatro Quirino era pieno, dicono che il debutto è andato meglio delle aspettative di Alfredo D’Attorre, Arturo Scotto, Nicola Fratoianni e dello stesso ex viceministro Fassina: i quattro parlamentari che più hanno lavorato, di concerto con Nichi Vendola, per unire i fuoriusciti del Pd alle truppe di Sel.
Mille persone dentro e 500 fuori, porte chiuse per motivi di sicurezza e qualche momento di tensione. I simpatizzanti che, in strada, intonano Bella ciao e protestano contro i «vigili renziani». D’Attorre assicura di aver individuato in sala «militanti, segretari di circolo e consiglieri municipali del Pd», eppure parlamentari «dem» non ce ne sono, nemmeno come osservatori. «Arriveranno — fa scongiuri D’Attorre — una decina almeno tra deputati e senatori si sta interrogando, presto ci saranno altre adesioni». E intanto spuntano ex dei Cinquestelle, esponenti dell’Altra Europa con Tspiras e i soliti noti della sinistra radicale: Fabio Mussi, Cesare Salvi, Massimo Villone, Luca Casarini, Giuliana Sgrena, Valentino Parlato, Vincenzo Vita... Corradino Mineo voleva parlare, ma gli organizzatori lo hanno implorato di saltare un giro.
Giorgio La Malfa fu ministro con Berlusconi, eppure Fassina gli apre le braccia: «È un interlocutore culturale». Maurizio Landini non è venuto e, per ora, resterà nel sindacato. Bersani ovviamente non c’è e le cronache lo raccontano come il «convitato di pietra». D’Attorre non dispera: «Pier Luigi? Comprendo il suo tormento e il suo dolore, ma non escludo che arrivi anche lui».
Nel simbolo il rosso non c’è e qualcuno ci resta male. E quando Claudio Fava propone di sostituire il nostalgico «compagni» con il più moderno «amici», per poco non partono i fischi. La sigla è SI e serve a spazzar via l’immagine dei gufi, i volatili notturni che, nella retorica di Renzi, sanno dire solo no. Il nemico adesso è lui, è il leader del Pd ad aver preso il posto dell’ex Cavaliere nell’immaginario della risorta opposizione di sinistra-sinistra. Tanto che Fassina rimprovera a Renzi di attuare il programma di Berlusconi.
Agli ex compagni di viaggio il premier ha detto che una sinistra intrisa di ideologismo e velleitarismo è «un delirio onirico». E loro hanno riempito questo storico teatro del centro di Roma per dimostrare che Renzi sbaglia, che a sinistra del Pd «ci sono praterie», per dirla con il professor Carlo Galli. E che i nuovi gruppi parlamentari — 31 deputati, una decina di senatori e la consulenza economica del premio Nobel Joseph Stiglitz — non nascono per far testimonianza. «Puntiamo a diventare alternativa di governo», sogna in grande l’onorevole Monica Gregori.
La «cosa arancione» non è ancora nata e già i suoi fondatori litigano con i compagni rimasti nel Pd. Bersani ha scelto di non abbandonare ancora il tetto del Nazareno, convinto che il nuovo centrosinistra si possa fare solo con i «dem» e Fassina non ha gradito la presa di distanza dell’ex segretario: «Dispiace per le parole di Bersani. Il gioco della destra lo fa chi fa la destra, con il Jobs act, la Buona scuola, l’Italicum, la riforma del Senato e della Rai». Subito Miguel Gotor innesca la polemica: «Fassina sbaglia, attaccare Bersani e la sinistra del Pd può essere la via breve per conquistare qualche titolo di giornale, ma sul piano politico è destinata al fallimento».
Un leader ancora non c’è e i quattro che guidano il convoglio non sembrano avere troppa fretta, visto che il partito è in embrione. D’Attorre invita a fare gioco di squadra: «Basta coi fenomeni al comando». Vendola farà un passo di lato per lasciare campo libero alle «giovani» leve. Il fondatore di Sel è rimasto a casa per problemi familiari e ha inviato una lettera. Messaggi di incoraggiamento sono arrivati anche da Laura Boldrini e Sergio Cofferati. E spunta, immancabile, l’appello degli intellettuali, da Riccardo Achilli a Nadia Urbinati.