Corriere 3.11.15
Il dossier Boeri a Palazzo Chigi e il grande gelo sulle pensioni tra il premier e il «tecnico»
di Federico Fubini
115 miliardi La spesa complessiva lorda annua per le pensioni fino a 1.443 euro lordi al mese, che sono la maggioranza (68,29%)
90,7 miliardi La spesa complessiva lorda annua per le pensioni con assegno mensile lordo tra 1.443, 01 e 2.405 euro
114 milioni La spesa complessiva lorda annua per i 540 pensionati con un assegno mensile lordo di oltre 24.050 euro
È di un anno e mezzo fa il dossier di Carlo Cottarelli, l’ultimo dei grandi misteri presunti della politica economica italiana. L’allora commissario alla spending review si era dimesso senza pubblicare il suo rapporto sulla spesa da tagliare e anche il governo per qualche tempo ha evitato di farlo. Per mesi il Paese si è chiesto cosa mai potesse esserci scritto, prima di scoprire che si sapeva o immaginava già tutto.
Ora rischia di partire un nuovo ciclo (accorciato) della stessa saga, con ingredienti simili: un’audace idea di riforma di un «tecnico», la frenata del governo di fronte alla prevedibile impopolarità della riforma, e una bizzarra coltre di mistero sui dettagli, che alla fine contribuisce ad alimentare il gelo fra le due parti. La differenza è che stavolta tocca alle pensioni. E che l’autore della proposta, il presidente dell’Inps Tito Boeri, non dà affatto l’impressione di trovarsi sul punto di dimettersi e andarsene.
In estate Boeri aveva presentato a Palazzo Chigi una propria proposta di riassetto dell’intero sistema previdenziale. Il documento, ben strutturato e arricchito da una corposa relazione tecnica, è stato consegnato alla presidenza del Consiglio in formato cartaceo. Niente spedizione elettronica, forse anche per rendere più difficili le fughe di notizie. Oggi hanno quel dossier solo Boeri e i suoi collaboratori, oltre a Matteo Renzi e i suoi. E più passa il tempo in cui tutti sanno che esiste ma pochi ne conoscono i dettagli, più il documento entra nel ruolo che un tempo fu del rapporto Cottarelli: misterioso, descritto in modo distorto e interessato, fonte continua di dissidi e incomprensioni, destinato a restare sulla carta. Soprattutto, destinato a un confronto fra frequentatori di palazzi romani del quale non possono capire molto i diretti interessati: lavoratori e contribuenti.
Del piano di Boeri per i pensionamenti prima dei 66 o 67 anni ha attratto l’attenzione il poco che si sa: tagli ai vitalizi dei politici e alle pensioni più alte, se sono molto sopra ai contributi versati. Ci sarebbe però anche un’altra parte, più corposa, volta a finanziare le uscite precoci per i pensionati sopra i 1.500 euro lordi al mese (con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo) e un sostegno standard per i disoccupati oltre i 55 anni di età. Boeri propone un blocco dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni sopra i 3.500 euro lordi, fino a quanto l’assegno non sia in linea con i contributi realmente versati. Pensa anche a ridurre le integrazioni delle pensioni bassissime di chi vive in famiglie abbienti. E soprattutto suggerisce un ricalcolo delle pensioni anticipate (prima dei 66-67 anni), solo sulla base di 42 anni di contributi.
Secondo il presidente dell’Inps, questo progetto costa allo Stato meno di un miliardo di euro nel primo anno, meno di quattro dopo tre o quattro anni, ma poi garantisce risparmi nel medio-lungo periodo. Secondo Palazzo Chigi invece è politicamente impraticabile: esiste una platea di persone che ne subirebbe un contraccolpo. Il progetto è stato escluso dalla Legge di stabilità e da allora le parti duellano in pubblico su un testo che solo loro conoscono. La sola certezza è che il governo avrà nel 2016 una propria proposta sul tema. Forse però il primo passo dovrebbe essere sollevare il coperchio sul progetto Boeri, o permettere all’interessato di farlo. Il caso Cottarelli insegna che quando considera che un progetto è un ramo secco, il governo toglie il segreto su di esso. Questione di ore, probabilmente.