Corriere 27.11.15
Luciano Violante
«Stop al doppio ruolo premier-segretario Pd da ricostruire, dirigerlo non basta più»
intervista di Daria Gorodisky
ROMA «Perché il maggior partito italiano, qual è il Pd — al governo del Paese, di molte Regioni e di moltissimi Comuni — non riesce a esprimere propri candidati nelle tre più grandi città, Milano, Roma e Napoli?». Luciano Violante inserisce la domanda in un ragionamento su «questa fase della democrazia italiana».
Ecco, perché?
«Credo che stia mostrando la corda il modello di un partito prevalentemente elettorale. Un partito che si mobilita per il voto, spesso con successo, ma non sviluppa un rapporto costruttivo sul territorio con i cittadini».
Vuole dire che il Pd soffre di dirigismo e ha perso il collegamento con la società?
«Il problema non riguarda solo il Pd, anche se nel Pd, per il suo peso, è particolarmente evidente. In tutti i partiti è in atto un processo che io chiamo di caporalizzazione. Sempre più spesso, l’adesione a una formazione politica non avviene per condivisione di valori, ma per collocazione nella scia di un capo. È la fine di un partito come comunità politica».
Un accentramento che allontana le persone dalla politica, come da dati, sempre più bassi, di affluenza alle urne?
«Le persone si allontanano perché nessuno le chiama per ascoltarle».
Un’accusa pesante a Renzi.
«No, le accuse non mi interessano. In una prima fase Renzi ha avuto la necessità di tenere insieme partito e governo. E ha fatto bene. Adesso serve una seconda fase per costruire il partito comunità, oppure il Pd sarà isolato: magari funzionerà in uno scontro elettorale, ma non potrà essere forza di cambiamento della società, e rischia di rinsecchirsi».
Crede anche lei che il Pd stia pagando il doppio ruolo di Renzi, presidente del Consiglio e segretario del partito?
«Sì. Ora non si tratta più di dirigere un partito, ma di ricostruirlo. E un presidente del Consiglio che deve affrontare situazioni internazionali così importanti come quelle che stiamo vivendo difficilmente può farlo. Del resto, anche le esperienze passate di doppio ruolo, De Gasperi, Spadolini, Craxi e De Mita, non hanno dato buoni frutti».
Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, ieri ha citato Romano Prodi ricordandone la definizione di Pd incompiuto.
«Non so se si possa dire che il Pd è incompiuto: ha vinto diverse sfide elettorali, governa il Paese e molte realtà locali. È una forza grande. Però rischia di esaurirsi se non diventa una comunità politica. Non basta parlare di volta in volta di 80 euro, 500 euro: servono valori condivisi».
Un processo lungo. Intanto, che cosa propone in vista delle prossime Amministrative?
«Penso alla categoria del civismo: un sindaco si deve occupare di risolvere problemi specifici, non di elaborare grandi strategie per l’intero Paese».
Candidati della cosiddetta società civile?
«Dove non è possibile una scelta di partito, il civismo può aiutare a individuare soluzioni positive per le città».
Le primarie possono aiutare in questa direzione?
«Credo che non bastino. E certamente non bastano se viene dato diritto di voto anche ai passanti. Il punto è costruire un partito come comunità che elabori e parli con i cittadini anche al di là dei momenti elettorali».
Crede che alle primarie di un partito abbia diritto di partecipare chiunque appartenga a quella formazione?
«Credo che non si possa escludere nessuno che abbia titolo per concorrere. Questo è l’abc del confronto politico».