Corriere 23.11.15
L’ira del candidato: io trasparente, al Nazareno non lo sono
72,9 la percentuale ottenuta da Bassolino al primo turno delle Comunali di Napoli del 1997, quando è stato eletto per il secondo mandato
di Marco Demarco
«Non è il nostro candidato». La nota anonima diffusa l’altra sera dal Nazareno a proposito delle primarie di Napoli non è piaciuta ad Antonio Bassolino. Lì per lì, quelle poche parole riprese e enfatizzate da tutti i giornali gli sono sembrate addirittura taroccate, uscite cioè per chissà quale motivo dai sottoscala della politica romana e poi per sbaglio attribuite ai piani alti.
Ma poi, a ben riflettere, un dubbio lo hanno lasciato. «Cosa vuol dire — si chiede Bassolino — non è il nostro candidato? Nostro di chi? Io — continua l’ex sindaco pronto a ricominciare — mi sono battuto per le primarie, ho aspettato che fossero confermate e che venisse addirittura fissata la data del voto, e solo a questo punto ho formalizzato, e sono stato il primo, la mia candidatura. Ho fatto tutto questo nel massimo rispetto delle regole e nella trasparenza più assoluta. E invece a Roma qualcuno storce il naso sul mio nome e spunta quella nota anonima che è l’esatto opposto della trasparenza». Bassolino continua a ragionare a voce alta: «Ma insomma, cosa si intende con quel nostro? Nostro del partito? Non capisco. Se il Pd aveva un suo candidato già bell’e confezionato, perché mai ha indetto le primarie? Mi sfugge la logica. Le primarie — continua — servono a indicare un candidato che ancora non c’è. Il partito chiama dunque gli elettori a scegliere con il voto. Non possono esserci candidati di serie A e altri di serie minore». È anche per questo che Bassolino apprezza invece una successiva dichiarazione di Luca Lotti, con la quale ci si limita ad auspicare altre candidature oltre la sua. «Ci mancherebbe, anch’io le auspico, ma questa è tutta un’altra storia», dice.
Comunque sia, anonimo o non anonimo, Lotti o non Lotti, ormai è più di una impressione: anche questa volta le primarie napoletane saranno tutt’altro che una festa. Polemiche e contestazioni sono nell’aria e intorno a quel «nostro» si è già aperto un caso. Chi sarà mai? Di lui ( o di lei) si sa tutto. Tutto tranne il nome. Si sa che sarà esterno al partito, ma socialmente impegnato, giovane, al massimo 45enne e competente di amministrazione, radicato in città e con forti relazioni nazionali. Eppure, nonostante l’esattezza dell’identikit non sarà affatto facile individuarlo. Esclusi i nomi già fatti nelle settimane passate e già depennati come quelli di Paolo Siani, fratello di Giancarlo, il giornalista ucciso dalla camorra, e di Ernesto Albanese, genero di Dario Fo, il cui padre fu vittima di una rapina a mano armata, non resta molto. Si parla ad esempio di Dario Scalella, presidente di un’azienda che progetta elicotteri di pubblicamente elogiata da Renzi in una delle sue ultime visite a Napoli, e di Riccardo Monti, presidente dell’Ice, l’istituto per il commercio estero, renziano perfino nell’aspetto. Nel Pd ci si interroga preoccupati, però, sulla loro robustezza elettorale. Si tornerebbe, allora, ai politici interni, tipo Gennaro Migliore, già proposto e ritirato contro Vincenzo De Luca, o Umberto Ranieri, di sicuro più accreditato. Ranieri sarebbe un naturale oppositore di Bassolino (lo fu sin dai tempi dei miglioristi), ma è anche il primo a spingere per un candidato forte della società civile. Solo nel caso che la ricerca fallisca non si tirerebbe indietro. Ma Ranieri — ecco il punto — sarebbe riconosciuto come «uno dei nostri»? Renziano lo è a tutti gli effetti: fu lui l’unico, in una famosa direzione nazionale del Pd, a dire che per l’incarico di governo, poi affidato a Letta, bisognava indicare Renzi. Credenziale sufficiente? Non è detto.