sabato 21 novembre 2015

Corriere 21.11.15
Proteggere l’arte senza blindarla Tutte le falle dei piani sicurezza
di Paolo Conti


4.588 i siti di interesse artistico, pubblici ed ecclesiastici, sparsi in tutta Italia. Di questi 3.850 sono musei e gallerie

Da ieri pomeriggio l’Interpol, e quindi tutte le polizie del mondo, hanno sott’occhio le immagini e le schede dei tesori d’arte trafugati a Verona. Sono già stati inseriti nella banca dati del Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, considerato il migliore e il più ricco del mondo, punto di riferimento della lotta al traffico illegale internazionale di opere d’arte.
Dice il comandante, generale Mariano Ignazio Mossa: «Abbiamo inviato a Verona i nostri uomini migliori, cioè il reparto operativo che ha competenza in campo nazionale e internazionale». Ma qual è il livello di sicurezza dei musei italiani rispetto ai furti, generale? «Considerando la vastità del patrimonio, direi che è nel suo complesso eccellente. Noi stessi, in accordo con lo Stato e con gli enti locali, assicuriamo una continua consulenza per migliorare i servizi anti-furto».
L’Italia, si sa, è un immenso scrigno d’arte: 4.588 siti culturali tra statali, comunali, ecclesiastici, privati aperti al pubblico. Un patrimonio che si divide in 3.850 musei e gallerie, 240 aree o parchi archeologici, 500 monumenti e complessi monumentali. Il rischio di furti è dunque elevatissimo, come dimostrò il caso dell’immensa tela del Guercino («Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo», 293 x 184,5 centimetri) trafugata nell’agosto 2014 dalla chiesa di San Vincenzo a Modena e mai più ritrovata. Anche allora, come oggi per Verona, si parlò di un possibile furto su commissione, magari da parte di un raffinato, solitario, ricchissimo collezionista.
Il problema della sicurezza dell’arte in Italia è molto articolato, come spiega il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, coordinatore dell’Unità di crisi del ministero dei Beni culturali, protagonista di tante emergenze, come il terremoto in Emilia nel maggio 2012: «Il nostro Patrimonio d’arte non può diventare un inaccessibile Fort Knox. Sarebbe facile proteggere i nostri capolavori blindandoli in luoghi inaccessibili. Ma la Costituzione e il Codice dei beni culturali prevedono un corretto equilibrio tra tutela e fruizione, tra l’obbligo di proteggere le opere e quello, parallelo, di metterle a disposizione del pubblico. Non ci sarà mai in Italia un museo chiuso per evitare un furto. Per questa ragione dal 2004 è stato messo a punto un piano complessivo di emergenza per i musei italiani che tiene conto di molti fattori: la possibilità dei furti, i servizi anti-incendio, i problemi sismici, l’eventualità di azioni terroristiche. Bisogna aggiornare continuamente i piani perché i fattori non si sovrappongano. Nel 1975, quando venne rubata La Muta di Raffaello e due Piero della Francesca al Palazzo Ducale di Urbino, c’erano le impalcature per il restauro della facciata. Così come, per fare un altro esempio, i maniglioni anti-panico degli impianti anti-incendio possono diventare la via di fuga per possibili ladri».
Il ministro Dario Franceschini fa sapere che verranno al più presto utilizzati per gli impianti anti-furto del patrimonio i 100 milioni di euro previsti nella legge finanziaria per garantire la completa applicazione dell’articolo 9 della Costituzione, che prevede la tutela del paesaggio e di tutto il retaggio storico-artistico della Repubblica. Aggiunge Ugo Soragni, che guida la Direzione generale Musei: «Le risorse previste anche dalla legge di stabilità sono ingenti, riusciremo certamente ad alzare il livello di sicurezza dei nostri musei. In più posso assicurare che il ministero può contare su un corpo di addetti alla vigilanza di elevatissima professionalità». Naturalmente questo vale per i musei statali. Poi ci sono i musei comunali, come nel caso di Verona: e lì le realtà sono diverse, da città a città.
La realtà dei musei comunali è insomma diversa da quella dello Stato. Come dimostra il caso di Verona (la vigilanza è affidata a un corpo privato) ogni amministrazione sceglie il proprio metodo, e non esiste un indirizzo unitario. Roma a palazzo Braschi ha, per esempio, una sala operativa di vigilanza su 90 siti controllati, tra cui i 22 musei civici, con 2.500 telecamere installate. Ma si tratta, appunto, di una struttura comunale e non statale.