Corriere 17.11.15
Italia
La mancanza di unità che indebolisce il Perse
di Massimo Franco
È difficile che l’Italia riesca ad esprimere una posizione unitaria contro il terrorismo. La narrativa, dopo gli attentati di Parigi, è sovrastata da recriminazioni e insulti giocati solo in chiave interna: uno spettacolo nel quale provincialismo e cinismo inquinano una questione serissima. La virulenza della Lega, che chiede interventi militari e cerca di approfittare della tragedia per alimentare la paura contro i profughi, ne è l’emblema. Gli attacchi del segretario Matteo Salvini contro il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, sono la punta di un’operazione elettoralistica.
Il loro scontro a distanza rischia di dilatare l’immagine di un’Italia lacerata più di quanto non sia. E non permette di arrivare ad una strategia depurata da esagerazioni strumentali. Il governo di Matteo Renzi sta spingendo per trovare una posizione unitaria con le altre nazioni europee, con gli Stati uniti e con la Russia. E l’avvicinamento tra Casa Bianca e Cremlino fa capire che le grandi potenze stanno cercando una risposta comune al terrorismo dell’Isi. Ma per il premier il rischio concreto è di ritrovarsi indebolito a livello internazionale dalle opposizioni interne.
Silvio Berlusconi, dopo avere dato un’indicazione operativa, sebbene opinabile, in direzione dell’intervento militare contro lo Stato islamico, ha virato sulle polemiche: per rivendicare di avere «subìto» i bombardamenti contro il dittatore libico Gheddafi, primo passo verso la destabilizzazione del Nord Africa. Dunque ha separato le sue responsabilità di premier nel 2011 da quelle di nazioni come la Francia di Nicolas Sarkozy, che allora guidò quelle azioni. Non è sicuro che aiuti l’Italia neanche il giudizio liquidatorio di Berlusconi sulla «drammatica carenza di leadership in Europa» su terrorismo e l’immigrazione.
A favore di Berlusconi va detto che su Libia e Russia aveva assunto posizioni rivelatesi alla fine inevitabili. Difficilmente, però, l’ex Cavaliere sarà considerato legittimato a puntare il dito contro gli altri. Pesa la sua storia di ieri, e l’ allineamento alla Lega, per di più in un ruolo subordinato. L’appoggio insistito a Vladimir Putin viene osservato col sospetto di sempre dalle cancellerie europee: tanto più, di nuovo, per la sintonia totale con il Carroccio.
La linea di Palazzo Chigi cerca di essere più fredda. Rifugge dalla facile retorica anti-immigrati che prende piede perché porta consensi. Renzi sottolinea la contraddizione di chi attacca quanti fuggono dal Medio Oriente, sospettandoli di terrorismo, mentre sono persone in fuga «dai terroristi animali visti in azione nelle nostre città». Possono esserci estremisti islamici infiltrati, ma «la quasi totalità» è vittima dell’Isis. Ma il premier sa di contrapporre un’analisi impopolare ad una pedagogia del panico che fomenta l’allarme; e che può favorire indirettamente un terrorismo teso ad alimentare proprio la paura.