giovedì 12 novembre 2015

Corriere 12.11.15
Lo scoglio
Un leader a due velocità, più premier che segretario
Renzi conferma con il caso Campania tutte le difficoltà a governare il Pd sul territorio
di Massimo Franco


È perfino banale dire che nel Pd cresce la preoccupazione per il caso di Vincenzo De Luca in vista delle elezioni di primavera. La questione va molto al di là dell’indagine giudiziaria che coinvolge di nuovo il presidente della Regione Campania. Tocca il doppio ruolo di Matteo Renzi come capo del governo e segretario del Pd. Dilata e mette in contraddizione i due incarichi, mostrando lo sbilanciamento su Palazzo Chigi e l’assenza di leadership sui gruppi dirigenti locali.
La narrativa renziana da presidente del Consiglio insiste su un’Italia economica in ripresa, su posti di lavoro in aumento; insomma, un quadro che comincia finalmente a tingersi di rosa. Ma si scontra col suo silenzio sulla Campania, le polemiche sollevate dal suo accenno ad una «sensibilità istituzionale» della magistratura nei mesi dell’Expo, e le tensioni con alcuni sindaci e «governatori». Mostrano una situazione un po’ surreale, con un leader proiettato sulla scena europea ma risucchiato dalle beghe locali. Non perché esistono «due partiti», il suo e quello del passato, ma perché a volte si ha la sensazione che sia scomparso qualunque baricentro; e che nella cosiddetta «periferia» ognuno vada per suo conto, senza che Renzi abbia la forza di cambiare il corso delle cose. Gli spezzoni che si staccano dal partito, scivolando a sinistra, non hanno grandi prospettive di espandersi e conquistare elettori. Al massimo possono farne perdere un po’ al Pd. E Renzi li rimbecca, sostenendo che «essere di sinistra non è organizzare piccoli partiti che non vinceranno mai».
Ma i suoi avversari gli obiettano che lo scontro interno ai dem continua a sprigionare veleni che si scaricano sulle istituzioni. E gli rinfacciano il coinvolgimento della nomenklatura del Pd nel caso De Luca e il suo mancato intervento per risolverlo. Di fronte ad una situazione straordinaria di difficoltà, la reazione è impacciata, lenta. Il partito di Renzi è maestro nel cavalcare i successi, propri e altrui. Dimostra invece una refrattarietà cronica ad affrontare le situazioni di crisi nelle quali rischia l’impopolarità. E Regioni e Comuni sono un serbatoio quasi inesauribile di problemi. Tensioni tra politica e magistratura, malgoverno, nomenklature improvvisate o screditate a tal punto da oscurare chi lavora con competenza e onestà. Si materializza così l’incubo di una sconfitta alle amministrative del 2016 da Napoli a Milano, passando per Roma. Ma soprattutto si può accentuare la sconnessione tra Renzi premier e segretario del Pd. La preoccupazione più acuta e palpabile è questa: la nemesi dei vecchi apparati sul premier. Ma forse non dipende solo dall’istinto di sopravvivenza dei primi. Pesano anche l’ambiguità e i limiti del «nuovismo».